L’osteoporosi è solo legata all’invecchiamento?

No, l'osteoporosi è una condizione che si manifesta prevalentemente con l'invecchiamento ma può interessare anche il giovane.

Osteoporosi e invecchiamento

Osteoporosi e invecchiamento è un'importante problematica di sanità pubblica , vista la sua maggior prevalenza negli anziani e il contestuale invecchiamento della popolazione. Occorre però segnalare che l’osteoporosi è una condizione che può interessare anche il giovane. Infatti, un ragazzo che non raggiunga un picco ottimale di massa ossea durante l’infanzia e l’adolescenza è a maggior rischio di sviluppare osteoporosi senza che vi sia una accelerata perdita ossea in età adulta. Anche per questo è fondamentale una dieta adeguata e l’esercizio fisico nei bambini.
La massa scheletrica aumenta rapidamente durante l’infanzia e soprattutto l’adolescenza. Il 90% del picco di massa ossea, considerato un importante determinante dell’osteoporosi nell’età adulta, viene acquisito intorno ai 18 anni d’età.
In questi primi e fondamentali anni di vita fattori genetici o acquisiti possono compromettere lo sviluppo completo dell’osso in termini di qualità e quantità.

Diagnosi nel bambino

La International Osteoporosis Foundation (IOF) definisce bassa, per le persone sotto i 20 anni, una densità minerale ossea con Z-score inferiore a -2,0 deviazioni standard a livello del rachide lombare o della scansione Total Body Less Head (TBLH). Tuttavia, nei bambini tali misurazioni possono essere condizionate dall’altezza e dallo sviluppo puberale. Per fare una diagnosi di osteoporosi nei soggetti pediatrici, quindi, oltre alla densità minerale ossea va considerata la presenza di:

  • una o più fratture vertebrali da fragilità
  • almeno due fratture a carico delle ossa lunghe prima dei 10 anni d’età
  • tre o più fratture a carico delle ossa lunghe prima dei 19 anni d’età
  • in assenza di patologie distrettuali e di traumi ad alta energia.

Nel bambino, oltre a condizioni cliniche che predispongono a osteoporosi secondaria come nell’adulto (leucemie, malattie infiammatorie croniche, uso cronico di glucocorticoidi eccetera), bisogna considerare lo spettro delle malattie genetiche che coinvolgono l’osso. L’osteogenesi imperfetta, seppur rara, è la più comune malattia genetica dell’osso: causata da un’alterazione su base genetica appunto del collagene di tipo I, altera la componente connettivale, riducendo la massa ossea. L’osso trabecolare è, invece, più colpito in caso di mutazioni dei geni WNT, una famiglia di geni preposti alla produzione di glicoproteine che mediano i segnali tra cellule, con una conseguente riduzione dell’attività osteoblastica. Soltanto qualora siano state escluse cause sottostanti, si può porre una diagnosi di osteoporosi giovanile idiopatica.

Queste informazioni sono tratte dal corso “Osteoporosi: le indicazioni per una gestione appropriata”, Zadig Provider ECM 103

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    Vaccinazioni anti COVID-19: che cos’è la vaccinovigilanza?

    Per vaccinovigilanza si intende l’insieme delle attività di farmacovigilanza relative alla raccolta, valutazione, analisi e comunicazione degli eventi avversi che seguono l’immunizzazione (Adverse Event Following Immunization o AEFI). L'obiettivo è valutare in maniera continuativa la sicurezza dei prodotti e di accertare che il rapporto beneficio/rischio si mantenga favorevole nel corso del tempo.
    Non va dimenticato infatti che i vaccini come ogni medicinale presentano benefici e rischi. Inoltre potenzialmente possono causare eventi avversi.

    Dall'approvazione del vaccino alla vaccinovigilanza

    Al momento dell'approvazione le principali prove di sicurezza provengono da studi clinici controllati e randomizzati. Dopo l’approvazione il vaccino viene somministrato a un numero di persone sempre maggiore. E' in questa fase che possono verificarsi effetti collaterali rari o molto rari che non erano emersi durante gli studi clinici. Per questo motivo il diritto dell’Unione Europea richiede che la sicurezza dei vaccini sia monitorata anche mentre sono in uso.

    Queste informazioni sono tratte dal corso “I vaccini anti COVID-19: dalla ricerca alla pratica clinica”, Zadig Provider ECM 103

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      Vaccinazioni anti COVID-19: quali sono le caratteristiche dei vaccini basati sugli acidi nucleici?

      I vaccini basati sugli acidi nucleici sono realizzati a partire dal materiale genetico proveniente dal virus per stimolare una risposta immunitaria contro di esso.
      I vaccini a mRNA anti COVID-19 forniscono alle cellule le istruzioni necessarie per produrre la proteina spike. Si basano su questa tecnologia il vaccino BNT162b2 sviluppato da Pfizer e BioNTech e il vaccino mRNA-1273 di Moderna.
      E’ bene chiarire che i vaccini a mRNA sono nuovi, ma non sconosciuti. Nessun vaccino autorizzato prima d’ora ha utilizzato questa piattaforma o era stato valutato in sperimentazioni umane su larga scala. Tuttavia, i ricercatori lavorano con i vaccini a mRNA da decenni. Sono stati studiati in precedenza per l’influenza, il virus Zika, la rabbia e il citomegalovirus oltre che in ambito oncologico. L’interesse per questi vaccini è cresciuto perché possono essere sviluppati in laboratorio utilizzando materiali prontamente disponibili.

      Sicurezza

      L’irrigazione della ferita è il trattamento più appropriato per pulire la ferita, mentre l’utilizzo di antisettici rimane un aspetto controverso.

      Queste informazioni sono tratte dal corso “I vaccini anti COVID-19: dalla ricerca alla pratica clinica”, Zadig Provider ECM 103

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        Vaccinazioni anti COVID-19: quali sono le caratteristiche dei vaccini a vettore virale?

        I vaccini a vettore virale utilizzano un virus reso innocuo per l’uomo, spesso attenuato per ridurne la patogenicità, nel quale è stato innestato il codice genetico che codifica per la proteina del virus contro il quale si vuole sviluppare l’immunità. Questi vaccini non contengono direttamente antigeni, ma utilizzano le cellule ospiti per produrli. Infettando le cellule e istruendole a produrre l’antigene, il vaccino imita ciò che accade durante l’infezione naturale.

        I vantaggi

        Il vantaggio è quello di innescare una forte risposta immunitaria cellulare da parte dei linfociti T e la produzione di anticorpi da parte delle cellule B.

        Vaccino dell'Università di Oxford

        ChAdOx1 nCoV-19 è un vaccino a vettore virale progettato dall’Università di Oxford e dall’azienda Astra-Zeneca che utilizza una versione modificata di un adenovirus di scimpanzé, al cui interno è presente il gene codificante per la proteina spike di SARS-CoV-2

        Queste informazioni sono tratte dal corso “I vaccini anti COVID-19: dalla ricerca alla pratica clinica”, Zadig Provider ECM 103

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          Iniezioni e bambini: quali accorgimenti adottare?

          Si sa che i bambini, prima di una iniezione, sono quasi sempre nervosi.
          Per ridurre l’ansia e superare la paura dell'ago, è importante che venga spiegata per bene la procedura sia al bambino sia ai genitori.

          Si è visto che se i genitori sono bene informati e dimostrano di essere tranquilli riescono a ridurre anche l’ansia dei bambini. Se si dovesse ritenere necessario tenere fermo il bambino, si raccomanda di concordarlo con i genitori e di usare una pressione minima, spiegando il motivo della procedura.

          Quali tecniche utilizzare per distrarre il bambino durante l'iniezione?

          Secondo quanto è emerso da più studi comparativi per calmare i neonati di meno di 6 mesi di età si può dare il ciuccio o il biberon, eventualmente con un po’ di acqua leggermente zuccherata.

          Per ridurre il dolore durante la procedura sono utili anche giochi di distrazione oppure, nei bambini più grandi, esercizi di respirazione controllata, per esempio chiedendo al bambino di respirare come per gonfiare un palloncino, e di rilassamento.

          Per permettere al bambino di rilassare la muscolatura si consiglia di farlo mettere in una posizione confortevole in modo da ridurre il dolore e l’ansia. In particolare è raccomandato far sdraiare i bambini sotto l’anno di età, mentre i bambini sopra l’anno di età possono rimanere seduti (eventualmente possono essere tenuti anche in braccio dal genitore).

           

          Queste informazioni sono tratte dal dossier del corso "Le iniezioni sottocutanee", Zadig Editore, 2019

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            La lavanda gastrica si usa ancora in caso di intossicazione acuta da farmaci?

            In passato la lavanda gastrica era considerata un intervento basilare in caso di intossicazione da farmaco ingerito, tanto che è stata usata come trattamento per oltre 200 anni.

            Durante negli ultimi decenni,  l'efficacia di questa tecnica è stata rimessa in discussione per via delle possibili complicazioni per il paziente associate al trattamento.

            Lavanda gastrica e intossicazione da farmaci: cosa dice la letteratura oggi?

            Gli ultimi dati di letteratura concludono che al momento non ci sono prove che la lavanda gastrica debba essere usata di routine nel trattamento delle intossicazioni.

            Le prove di efficacia in specifiche situazioni sono deboli, così come sono deboli le prove che ne escludono i benefici in tutti i casi.  In base a ciò non si raccomanda l’uso della lavanda gastrica nel trattamento dei pazienti intossicati se non in casi molto selezionati, nei quali andrebbe fatta da personale formato ed esperto.

            Queste informazioni sono tratte da uno dei dossier del corso Intossicazione da farmaci, Zadig editore, 2019

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              È ancora vera la credenza che dopo un parto cesareo si debba ricorrere a un altro cesareo?

              No, sulla base delle più recenti le linee guida la credenza “Semel caesareus semper caesareus” non trova più applicazione.

              Si ritiene invece che tutte le donne con feto singolo, cefalico con età gestazionale maggiore o uguale a 37 settimane e pregresso taglio cesareo possono provare a partorire naturalmente.

              Il successo del parto naturale dopo il cesareo

              Il successo del parto vaginale dopo pregresso cesareo è alto: viene stimato tra il 60 e il 75%.

              Un fattore da analizzare per il successo del parto in queste donne è il numero dei precedenti tagli cesarei: nelle linee guida italiane si raccomanda di promuovere il travaglio in caso di pregressi tagli cesarei inferiori o uguali a due, se il numero di cesarei è superiore è controindicato.

              Si raccomanda sempre un consulto iniziale con il ginecologo e l’espletamento del parto in una struttura con équipe adeguata e possibile accesso alla sala operatoria.

              Queste informazioni sono tratte da uno dei dossier del corso Il parto dopo pregresso cesareo, Zadig editore, 2019

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                scarsa-crescita-intrauterina

                Quali fattori contribuiscono alla scarsa crescita intrauterina?

                La scarsa crescita intrauterina può verificarsi anche quando la mamma è in buona salute, ma vi sono fattori che possono aumentarne il rischio.

                L’identificazione dei fattori di rischio nelle caratteristiche materne e nell’anamnesi ostetrica attuale e remota è in grado di individuare circa un terzo dei feti con aumentato rischio di avere neonati “piccoli per l’età gestazionale" (SGA) e mortalità neonatale.

                I fattori di rischio individuati come maggiormente legati al rischio di riduzione di crescita sono:

                • diabete materno con patologia vascolare, insufficienza renale, ipertensione cronica o sindrome anti-fosfolipidi;
                • pregresso neonato SGA;
                • pregressa morte perinatale;
                • PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza) <0,4 MoM;
                • esercizio fisico vigoroso (che porta a essere senza fiato) quotidiano;
                • età materna maggiore dei 40 anni;
                • uso di cocaina in gravidanza;
                • fumo di 11 o più sigarette al giorno in gravidanza;
                • mamma o papà che sono stati SGA.

                Scarsa crescita intrauterina: quali raccomandazioni dare alle donne per ridurre il rischio?

                Per ridurre il rischio di scarsa crescita intrauterina, va raccomandato alle donne in gravidanza di evitare il fumo di sigaretta, di seguire una dieta equilibrata e di ricevere assistenza durante i nove mesi. In aggiunta, nel periodo preconcezionale è raccomandato un alto apporto di vegetali a foglia verde.

                Nelle gravidanze di donne con aumentato rischio di preeclampsia è raccomandata l’assunzione di acido acetilsalicilico a basso dosaggio, che è in grado di ridurre la restrizione di crescita intrauterina del 10%

                Queste informazioni sono tratte da uno dei dossier del corso “Sorveglianza dell'accrescimento fetale intrauterino, Zadig Editore, 2018

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                  La vaccinazione HPV è raccomandata anche per i maschi?

                  , la vaccinazione HPV è utile sia per i  maschi sia per le femmine.

                  Già a partire dal 2014, alcune Regioni hanno iniziato a offrire il vaccino anche ai maschi nel dodicesimo anno di vita, prima dell’inizio dell’attività sessuale. Con il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 la vaccinazione è stata estesa ai maschi adolescenti ed è stata inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

                  La riduzione del prezzo dei vaccini anti-HPV ha poi facilitato l’adozione della strategia di offerta attiva della vaccinazione anti HPV a tutta la popolazione (femmine e maschi).

                  Il dodicesimo anno di vita è considerata l’età preferibile per la massima protezione da tutte le patologie HPV correlate, con attenzione anche a quelle per le quali non esiste uno screening citologico, come il cancro di ano, vulva e vagina.

                  Vaccinazione HPV: quale tipo di vaccino si somministra?

                  Attualmente la vaccinazione di scelta è con il vaccino 9-valente. Alla vaccinazione è riconosciuta una valenza sanitaria e sociale insieme: chi si vaccina protegge se stesso dall’infezione e dalle patologie HPV-correlate e anche gli altri, evitando di trasmettere loro il virus.

                  Queste informazioni sono tratte da uno dei dossier del corso La vaccinazione HPV", Zadig editore, 2018

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                    Sollevamento manuale di un paziente immobilizzato: cosa occorre valutare prima?

                    In generale il sollevamento manuale degli assistiti deve essere ridotto al minimo in tutti i casi e, se possibile, eliminato. Per questa ragione, deve essere sempre incoraggiato l’uso di ausilii per la movimentazione dei pazienti.

                    Inoltre, secondo quanto riportato nel The Manual Handling Operation Regulations, qualsiasi operazione di movimentazione manuale di un carico o di un paziente deve essere sempre preceduta dall’analisi dei seguenti fattori:

                    • il tipo di movimento da compiere (spinta, traino, flessione eccetera)
                    • il peso e le caratteristiche del carico (peso stabilità)
                    • le capacità individuali
                    • le caratteristiche dell’ambiente (spazio, presenza di dislivelli)
                    • i fattori organizzativi.

                    Sollevamento manuale: quali fattori considerare?

                    La scelta della tecnica di movimentazione dei pazienti comporta la valutazione delle esigenze e delle capacità del singolo assistito. In particolare, l’analisi dell’assistito deve comprendere i seguenti fattori:

                    • capacità di collaborazione del paziente. E' necessario quindi considerare che un soggetto tetraplegico, costretto a letto, in coma o in anestesia generale ha bisogno di un sollevatore meccanico. Al contrario, un assistito capace e disposto a sostenere in parte il suo peso potrebbe essere in grado di passare dal letto a una sedia usando un ausilio per alzarsi;
                    • mole dell’assistito;
                    • condizioni mediche specifiche. Ad esempio, ferite addominali, contratture, la presenza di tubi aumentano la complessità delle operazioni di trasferimento o riposizionamento.

                    Queste informazioni sono tratte da uno dei dossier del corso Movimentazione manuale dei carichi in ambito assistenziale, Zadig Editore, 2018

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