Farmacovigilanza: dalle basi teoriche alla pratica quotidiana

Titolo: Farmacovigilanza: dalle basi teoriche alla pratica quotidiana (codice ECM 376169)
Destinatari: tutti gli operatori sanitari
Scadenza: 10-02-2024
Crediti: 10
Costo: 45 €
Programma: FAVIFAD
Valutazione dei partecipanti (1.546 valutazioni):
8/10 rilevanza
9/10 qualità
8/10 efficacia

Definizione di farmacovigilanza

Il termine farmacosorveglianza identifica tutte le attività che vengono svolte per tenere sotto controllo gli effetti dei farmaci sull’uomo. Le attività di sorveglianza vanno svolte in tutte le fasi della vita di un farmaco, incluso il periodo dello sviluppo clinico e a livello internazionale più correttamente si tende a utilizzare il termine drug safety surveillance, specificando se è pre o post marketing. Un termine che viene spesso utilizzato come sinonimo di farmacosorveglianza è quello di farmacovigilanza, in inglese pharmacovigilance.

Definizione di evento avverso

Un evento avverso viene definito, secondo la Direttiva Europea 2001/20/EC, come “qualsiasi evento medico non desiderato, che insorga in un paziente o in un soggetto incluso in uno studio clinico a cui venga somministrato un  medicamento e che non necessariamente abbia una relazione causale con il trattamento”. Tale definizione, quindi, come si può capire, comprende un’ampia varietà di incidenti che possono insorgere nel corso di una terapia farmacologica, come per esempio le reazioni avverse da farmaco, l’insuccesso terapeutico e l’overdose.

Definizione di reazione avversa

Nel corso degli anni la definizione di reazione avversa da farmaci (ADR, acronimo dall’inglese Adverse Drug Reaction) è stata modificata più volte.

Definizione del 1972

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definiva nel 1972 una ADR come “una risposta a un farmaco che è dannosa, non intenzionale e che si verifica alle dosi normalmente utilizzate dall’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia, o per modificarne le funzioni fisiologiche”.
La definizione di “dose normale” distingue le reazioni avverse dagli avvelenamenti, ma non dà importanza al meccanismo con cui la reazione si verifica. Sul definire “dosi normalmente usate dall’uomo” non vi è molta chiarezza, infatti molti pazienti possono manifestare una reazione avversa con quantità di farmaco al di sotto di quelle massime raccomandate che possono, tuttavia, essere troppo alte per esempio per la presenza di un’insufficienza renale o per un altro motivo.

Definizione di Aronson ed Edwards

Una definizione più recente di ADR è quella proposta da Aronson ed Edwards: “Reazione dannosa e spiacevole di una certa entità dovuta all’uso di un medicinale, che rappresenta un rischio per ulteriori somministrazioni, che richiede prevenzione o trattamento specifico o modificazioni del dosaggio o sospensione del prodotto stesso”. In questo caso si pone l’accento sulla rilevanza clinica delle ADR e, inoltre, utilizzando il termine “medicinale” si tengono in considerazione gli effetti legati ai veicoli o eccipienti delle formulazioni farmaceutiche.

Definizione del 2001

La direttiva UE 83/2001 definisce una reazione avversa ai farmaci come “una risposta a un farmaco che è dannosa, non intenzionale e che si verifica alle dosi normalmente utilizzate dall’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia o per ripristinarne, correggerne o modificarne le funzioni fisiologiche”.

Questa definizione di fatto è pressoché identica a quella del 1972 dell’OMS e non comprende gli effetti nocivi derivanti dall’abuso, dai sovradosaggi, dagli errori terapeutici e dagli usi al di fuori delle indicazioni autorizzate (il cosiddetto uso off label).

Definizione di ecofarmacovigilanza

Il termine “ecofarmacovigilanza” è stato coniato nel 2007 dal professor Giampaolo Velo. Si definisce come “la scienza e le attività relative alla rilevazione, valutazione, comprensione e prevenzione delle reazioni avverse o
di altri problemi legati alla presenza di farmaci nell’ambiente, che hanno effetto sia sull’uomo sia su altre specie animali”.

Obiettivi della farmacovigilanza

In senso ampio la farmacovigilanza si pone come obiettivo generale quello di colmare le inevitabili lacune, sia in termini di attività terapeutica sia di tollerabilità, lasciate dalla sperimentazione pre marketing e di verificare se il rapporto beneficio-rischio di un farmaco varia nel tempo, anche in rapporto alle alternative terapeutiche disponibili.
I principali obiettivi della farmacovigilanza sono:

  • riconoscere tempestivamente possibili segnali d’allarme che si generano quando viene evidenziato un rischio non noto in precedenza, oppure quando aumenta la frequenza o la gravità di un rischio noto,
    oppure quando si identifica un nuovo gruppo di soggetti a rischio;
  • migliorare e allargare le informazioni su reazioni avverse da farmaco (ADR – Adverse Drug Reactions) già note;
  • identificare i fattori di rischio predisponenti la comparsa di ADR nella popolazione (età, sesso, dosaggio, patologie concomitanti, interazioni farmacologiche, eccetera);
  • stimare l’incidenza delle ADR;
  • confrontare i profili di sicurezza di farmaci appartenenti alla stessa categoria terapeutica;
  • comunicare l’informazione a tutti gli operatori sanitari in modo da migliorare la pratica terapeutica.

Le risposte del corso FAD

Il corso fornisce le basi della farmacovigilanza a tutti gli operatori sanitari, in particolare con questo corso si trova risposta ai seguenti temi:

  •  Classificazione delle reazioni avverse
  • Interazioni tra farmaci potenziali e interazioni reali
  • Epidemiologia delle interazioni reali nei diversi setting
  • Che cosa bisogna sapere per evitare le interazioni
  • Epidemiologia delle reazioni avverse
  • Obiettivi e metodologie della farmacovigilanza
  • La segnalazione spontanea

Le risposte a queste e altre domande si trovano nel dossier del corso FAD Le basi della farmacovigilanza

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    Il cibo del futuro

    Titolo: Il cibo del futuro (ID ECM 401300)
    Destinatari: tutti gli operatori sanitari
    Scadenza: 19-11-24
    Crediti: 5
    Costo: 30 €
    Programma: Stili di vita
    Valutazione dei partecipanti (24 valutazioni):
    8/10 rilevanza
    9/10 qualità
    8/10 efficacia

    Perché è utile seguire un corso sulla carne coltivata e sul cibo del futuro?

    Il DDL approvato il 16 novembre alla Camera, che sta sollevando grande clamore, vieta la produzione e l'immissione in commercio di carne coltivata. Ma quali sono le basi scientifiche?
    Che cosa ci dice la scienza sulla carne coltivata e sugli altri cibi del futuro? In questo corso FAD ECM puoi trovare le informazioni evidence based su carne coltivata, insetti, alghe per farti un'idea personale.

    I novel food

    La carne coltivata viene considerata un novel food, termine con cui si definiscono prodotti e sostanze alimentari privi di una storia di consumo significativo e che quindi devono sottostare a un’autorizzazione prima della loro immissione in commercio per valutarne la sicurezza.
    In Europa questa materia è disciplinata dal Regolamento (UE) 2015/2283, entrato in vigore il 1° gennaio 2018.
    La domanda di autorizzazione deve essere presentata alla Commissione Europea corredata degli studi scientifici che ne consentano la valutazione. Spetta all’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, valutare i dati scientifici presentati, richiederne qualora lo ritenga opportuno altri, definire la sicurezza del prodotto. Sulla base del dossier prodotto dall’EFSA, la Commissione autorizza o meno il novel food in questione. I novel food devono:

    • essere sicuri per i consumatori
    • essere correttamente etichettati, in modo da non fuorviare i consumatori
    • non differire in modo tale che il loro consumo sia svantaggioso dal punto di vista nutrizionale, se sono destinati a sostituire un altro alimento.

    Tra i novel food già autorizzati merita citare l’alga spirulina, i semi di chia e l’estratto di fagioli neri.
    Non ricadono invece sotto il regolamento dei novel food gli OGM, gli aromi e gli additivi, in quanto oggetto di specifiche regolamentazioni.

    La carne coltivata: il processo produttivo

    La produzione di carne coltivata non è molto diversa dalla rigenerazione dei tessuti o di interi organi a partire dalle cellule staminali che è una delle frontiere più promettenti della ricerca biomedica.

    Si parte con un prelievo di tessuto muscolare dalla spalla di un bovino da allevamento o da un mioblasto embrionale.  Segue la separazione enzimatica delle cellule staminali con enzimi e la loro coltivazione in laboratorio. Si formano miotubi, lunghi non più di 0,3 millimetri e spessi meno di mezzo millimetro. Per passare dai miotubi a un vero e proprio tessuto si usano scaffold, strutture artificiali bidimensionali o tridimensionali costruite da biomateriali ingegnerizzate in modo da emulare la matrice extracellulare e fornire un supporto alla crescita cellulare. Per crescere le cellule si utilizzano dei bioreattori che simulano le condizioni dell’organismo animale (temperatura di circa 37 °C, aria arricchita di anidride carbonica, terreni liquidi che fungono da nutrienti e che contengono vitamine, sali minerali, fattori di crescita).

    Il valore nutrizionale

    Secondo la ricercatrice Chiara Nitride dell'Università Federico II di Napoli, dal punto di vista nutrizionale, la carne coltivata possa essere un'alternativa valida alla carne convenzionale rispetto alle opzioni a base vegetale.

    Tuttavia, la complessità della questione, inclusa la necessità di ottenere valori nutrizionali e caratteristiche sensoriali simili alla carne tradizionale, rappresenta una sfida tecnologica significativa.

    Il Centro di ricerca alimenti e nutrizione del CREA solleva preoccupazioni riguardo alla mancanza di informazioni sulla composizione del siero vegetale utilizzato nel processo produttivo e sulla limitata disponibilità di dati sui protocolli produttivi. Il rapporto evidenzia la possibilità di rimodulare la composizione degli acidi grassi durante la coltivazione degli adipociti e la necessità di fornire vitamina B12 alle cellule per garantire la sua presenza nel prodotto finale. Riguardo al ferro, si discute della possibilità di utilizzare la Leg-emoglobina, ottenuta da leguminose, per conferire valore nutritivo e colore rosso alla carne coltivata. L'importanza della consistenza nella carne è sottolineata, ma attualmente non si sa se trasformazioni simili avvengano nella carne coltivata. Futuri studi dovrebbero esplorare aspetti come il contenuto di glicogeno e l'evoluzione del pH dopo la raccolta. Infine, si menziona la ricerca sulle carni ibride, una combinazione di carne coltivata e alternative a base vegetale, oggetto di studio da parte di alcune startup statunitensi ed europee.

     

    A chi è dedicato questo corso ECM?

    Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari

    Le risposte per la pratica quotidiana

    In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni sui seguenti aspetti:

    • Nutrire il pianeta
    • La carne coltivata
    • Alimenti plant-based
    • Gli insetti
    • Le alghe
    • Colture senza suolo

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      Fertilità e sterilità: le conoscenze per le applicazioni pratiche

      Titolo: Fertilità e sterilità: le conoscenze per le applicazioni pratiche (codice ECM 370480)
      Destinatari: tutti gli operatori sanitari
      Scadenza: 31-12-2023
      Crediti: 5
      Costo: 40 €
      Programma: FADO
      Valutazione dei partecipanti (216 valutazioni):
      8/10 rilevanza
      9/10 qualità
      8/10 efficacia

      Fertilità, un problema in crescita

      Dal 2008 i dati ISTAT mostrano in Italia una riduzione delle nascite e un incremento dell’età materna alla prima gravidanza. Le donne italiane sono in assoluto in Europa le più vecchie al primo figlio e quelle che partoriscono meno entro i 24 anni. Le donne straniere che vivono in Italia partoriscono un po’ prima e di più delle donne italiane ma l’aumentare dell’integrazione, il crescere del lavoro femminile all’interno della coppia e il persistere di svantaggi economici e sociali fa sì che l’età delle donne straniere al momento del parto e il numero dei figli si stiano avvicinando a quello delle donne italiane.

      L’impossibilità di avere figli è sempre stato un problema in tutte le società ed è stato affrontato nel corso dei secoli in maniere diverse: dai riti propiziatori e religiosi, alle famiglie allargate, all’adozione. La nostra società ed epoca conosce molti meccanismi della fecondazione e della fertilità e ha a disposizione nuove tecnologie, con possibilità, limiti, rischi e costi.
      I professionisti sanitari devono essere in grado di orientare correttamente, con gradualità e senza medicalizzazioni eccessive le coppie con problemi di fertilità. Altrettanto importante è che i pediatri e i medici di famiglia, ma anche le ostetriche, gli assistenti sanitari, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari abbiano conoscenze di base sulla fertilità per poter effettuare una educazione sanitaria e una prevenzione primaria efficace nei confronti dei genitori, degli adolescenti e in generale di tutta la popolazione.

      Quali elementi possono interferire sulla fertilità?

      Stile di vita

      Seguire uno stile di vita sano è utile per migliorare la salute in generale, la longevità, ridurre il rischio cardiovascolare e oncologico, ma anche per preservare la fertilità (o comunque per migliorarla in chi cerca una gravidanza). Gli operatori sanitari hanno il dovere etico di informare affinché le persone possano, se lo vogliono, compiere le scelte più adeguate (empowerment) per una vita sana tenendo in considerazione che i fattori di rischio ambientali, sociali e psicologici possono essere per definizione modificati dalla persona, con minore o maggiore difficoltà.

      In ambito di fertilità, la prevenzione più efficace è sicuramente quella primaria e dovrebbe essere iniziata nell’infanzia e soprattutto nell’adolescenza, perché molti comportamenti a rischio esordiscono in questa fase della vita. E’ importante che l’operatore sanitario sappia ascoltare le domande degli adolescenti e li informi correttamente sulle conseguenze dei comportamenti.

      Inquinamento ambientale

      L’inquinamento atmosferico ha un impatto negativo sulla gametogenesi di entrambi i sessi, oltre che sullo sviluppo embrionale, anche se è difficile identificare il ruolo di inquinanti specifici perché negli studi epidemiologici la popolazione è esposta contemporaneamente a più sostanze inquinanti. I meccanismi che causano alterazioni della fertilità non sono del tutto compresi, ma si ipotizzano disturbi ormonali, stress ossidativo, alterazioni del DNA cellulare e alterazioni epigenetiche, probabilmente in sinergia fra loro.

      Contraccezione ormonale

      L’assunzione di contraccettivi ormonali non causa infertilità, anzi sembra possa salvaguardare la fertilità femminile

      Le risposte del corso FAD

      Il corso si concentra sulla prevenzione della sterilità e la sua gestione, si troveranno risposte ai seguenti temi:

      • Dati epidemiologici
      • Fisiologia femminile della fertilità
      • Fisiologia maschile della fertilità
      • Elementi che possono interferire sulla fertilità
      • Cause dell'infertilità
      • Patologie che possono ridurre la fertilità
      • Iter diagnostico per la coppia
      • Procreazione medicalmente assistita

      Le risposte a queste e altre domande si trovano nel dossier del corso FAD Fertilità e sterilità: le conoscenze per le  applicazioni pratiche.

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        I conflitti di interesse in medicina

        Titolo: I conflitti di interesse in medicina (ID ECM 370479)
        Destinatari: tutti gli operatori sanitari
        Scadenza: 31-12-23
        Crediti: 3
        Costo: 15 €
        Programma: CliniFAD
        Valutazione dei partecipanti (250 valutazioni):
        8/10 rilevanza
        9/10 qualità
        8/10 efficacia

        Che cosa sono i conflitti di interesse in medicina

        Un conflitto di interesse esiste quando un giudizio professionale riguardo a un interesse primario (per esempio il benessere del paziente o la validità di una ricerca) può essere influenzato da un interesse secondario (per esempio un guadagno economico). Il conflitto di interesse non è un comportamento ma una condizione che deve sempre essere resa palese.

        In ambito medico si è cominciato a parlare di conflitti d’interesse nel mondo anglosassone all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso. In particolare nell’ottobre del 1980 il New England Journal of Medicine pubblica un editoriale dal titolo autoesplicativo: “The new medical-industrial complex”, nel quale si espongono i rischi legati ai conflitti d’interesse. Nel tempo il concetto di conflitti d’interesse si è evoluto tanto da generare anche interpretazioni addirittura opposte, secondo le quali non si deve più parlare di conflitti d’interesse ma di confluenza di interessi: per esempio, partendo dal presupposto del tutto discutibile, che aziende farmaceutiche, ricercatori e medici abbiano tutti il comune obiettivo della salute del paziente, allora i diversi interessi non sono in contrasto tra loro, ma anzi coincidono.
        In realtà è sbagliato il presupposto di partenza, che cioè tutti gli attori abbiano interessi comuni: per esempio le aziende farmaceutiche sono società di capitale e quindi il loro interesse primario è la remunerazione dei soci che hanno investito i capitali, che poi ciò sia fatto nel mondo della salute non è rilevante per il nostro ragionamento. Non esistono quindi interessi coincidenti come qualcuno vorrebbe sostenere per sciogliere il nodo dei conflitti d’interesse.

        Finanziamenti della ricerca e risultati, quale influenza

        Gli studi sponsorizzati raggiungono più spesso un esito favorevole per il farmaco oggetto della ricerca rispetto a quelli che non ricevono finanziamenti privati, pur avendo una buona se non ottima qualità metodologica. Sono ormai molti i lavori in letteratura che confermano questa osservazione. E ciò non accade solo per i farmaci.

        Vari lavori hanno dato risposta a questa domanda. Il primo in ordine di tempo risale al 1998 e riguarda i calcioantagonisti che allora erano stati da poco immessi sul mercato.
        Un gruppo di ricercatori canadesi ha condotto una revisione degli studi condotti fino a quel momento su questa classe di farmaci. Sono stati identificati 70 studi, suddivisi dagli autori in base al loro esito: studi che sostenevano l’efficacia dei calcioantagonisti (30 in totale), studi che erano critici nei confronti dell’uso dei calcioantagonisti (23 in totale) e studi neutri nei quali i risultati non erano sbilanciati né in un senso né nell’altro. Ebbene il 96% degli studi a favore dei calcioantagonisti erano stati fatti grazie ai fondi delle aziende farmaceutiche produttrici, mentre solo il 37% degli studi critici aveva ricevuto fondi dalle stesse. Sembrerebbe quindi che la presenza di un finanziamento possa in qualche modo orientare i risultati finali degli studi (ovviamente a parità di qualità degli stessi).

        Occorre precisare che nel mondo della medicina gli attori che hanno interessi sono molteplici: aziende farmaceutiche, ma anche ricercatori, giornalisti, editori, società scientifiche, associazioni di malati, istituzioni pubbliche. E’ bene conoscere le dimensioni dei possibili conflitti d’interesse e i modi per ridurne le conseguenze.

        A chi è dedicato questo corso ECM?

        Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari

        Le risposte per la pratica quotidiana

        In questo corso FAD troverai risposta ai seguenti qiesiti

        • Che cosa sono i conflitti di interesse?
        • I risultati delle ricerche possono essere influenzati dai finanziamenti ricevuti?
        • I conflitti di interesse possono influenzare le attività di prescrizione dei medici?
        • Chi sono gli attori in gioco?

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          Microbioma e microbiota nel sano e nel malato

          Titolo: Microbioma e microbiota nel sano e nel malato (ID ECM 378993)
          Destinatari: tutti gli operatori sanitari
          Scadenza: 09-03-24
          Crediti: 9
          Costo: 45 €
          Programma: CliniFAD
          Valutazione dei partecipanti (58 valutazioni):
          8/10 rilevanza
          9/10 qualità
          8/10 efficacia

          Perché è utile seguire un corso sul microbioma

          Sempre più spesso il microbioma è visto come causa o concausa nello sviluppo di molte malattie e sempre di più vengono raccomandati probiotici per riequilibrare la flora batterica. Questo corso fa il punto su quanto emerge dalla letteratura scientifica offrendo un punto di vista indipendente senza alcuna influenza da parte di sponsor.

          Microbioma e microbiota: facciamo chiarezza

          Con microbioma alcuni autori intendono una comunità microbica complessa, che occupa un ecosistema ben definito e che ha proprietà fisico-chimiche definite. Per essere più precisi però il termine non si riferisce semplicemente ai microrganismi in sé, bensì anche al loro “teatro di attività”, includendo con ciò anche la loro nicchia biologica, le condizioni dell’ambiente in cui vivono (incluse le cellule dell’ospite con cui sono in stretto contatto, per esempio quelle dell’epitelio intestinale, o i componenti immunitari), l’insieme dei loro genomi, dei trascritti e dei prodotti metabolici e strutturali.
          Secondo altri autori, invece, con microbioma si intende solo il patrimonio genetico dei batteri di una determinata comunità.

          Alcuni autori designano con il termine microbiota una comunità di microrganismi che occupa un ecosistema ben definito, le cui specie sono generalmente identificate mediante analisi genetica. Contrariamente al microbioma, il microbiota può infatti essere studiato separatamente, in quanto non tiene conto delle interazioni tra singoli microrganismi e tra essi e l’ospite.

          Le funzioni

          Il microbioma svolge per l’organismo umano numerose attività:

          • è implicato nel catabolismo di alcune molecole, tra cui i nutrienti della dieta, motivo per cui è una componente attiva del processo di digestione;
          • partecipa alla bioconversione di alcuni farmaci o xenobiotici in generale, specie quelli assunti per via orale, modificandone la biodisponibilità;
          • contribuisce a potenziare alcune vie metaboliche nelle cellule umane (come la conversione dei sali biliari);
          • ha un ruolo esclusivo nella sintesi di alcune molecole (per esempio, la vitamina K2);
          • ha un’azione trofica per alcune cellule come gli enterociti;
          • ha un ruolo importante nella modulazione del sistema immunitario e della tolleranza immunologica.

          In generale, la presenza di popolazioni microbiche non patogene sulla superficie delle mucose garantisce un buon mantenimento dell’omeostasi dei tessuti e una protezione ottimale da microrganismi potenzialmente dannosi, che spesso proprio attraverso le mucose trovano una facile via d’accesso all’organismo.

          A chi è dedicato questo corso ECM?

          Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari

          Le risposte per la pratica quotidiana

          In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni sui seguenti aspetti:

          • Che cos'è il microbioma
          • Le funzioni del microbioma
          • Il microbioma nel sano
          • Il microbioma nel malato
          • Terapie
            • Il trapianto di microbioma fecale
            • I probiotici e i prebiotici

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            La fibrillazione atriale

            Titolo: La fibrillazione atriale (ID ECM 401073)
            Destinatari: medico, infermiere, farmacista, odontoiatra, tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare
            Scadenza: 14-11-24
            Crediti: 5
            Costo: 30 €
            Programma: CliniFAD
            Valutazione dei partecipanti (40 valutazioni):
            9/10 rilevanza
            9/10 qualità
            9/10 efficacia

            Che cos'è la fibrillazione atriale?

            E' un’aritmia cardiaca comune, con impatto economico e sanitario significativo. La sua prevalenza, che aumenta con l’età, è stimata tra il 2% e il 4% nella popolazione generale. Le linee guida ESC propongono una classificazione in base alla persistenza e alla modalità di ripristino del ritmo sinusale.
            Sono fattori di rischio noti l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’obesità, l’età avanzata e l’ipertiroidismo. L’allargamento dell’atrio sinistro è correlato all’aumento del rischio. La fibrillazione atriale è inoltre più frequente nei soggetti di sesso maschile ed è riconosciuta una predisposizione familiare. Gli specifici meccanismi che la scatenano sono ancora oggetto di ricerca.

            Stili di vita e fibrillazione atriale

            Il consumo di alcol può contribuire all’induzione e al mantenimento della fibrillazione atriale, mentre la sua sospensione può favorirne la risoluzione.
            Non c’è prova di una relazione tra consumo di caffè e fibrillazione atriale, anche se il caffè può aumentare la percezione delle aritmie.
            L’esercizio fisico moderato ha mostrato un effetto protettivo e ha migliorato gli esiti del suo trattamento, mentre l’attività agonistica intensa può aumentarne l’incidenza. Gli atleti hanno un rischio indicativamente cinque volte maggiore rispetto agli individui sedentari di sviluppare fibrillazione atriale, nonostante una più bassa prevalenza di altri fattori di rischio. In particolare il sesso maschile, l’età intermedia, l’alta statura, il praticare sport di endurance per periodi prolungati (più di 1.500-2.000 ore di attività sportiva nella vita) ne aumentano il rischio. Gli sport maggiormente a rischio sono la corsa, il ciclismo e lo sci di fondo.
            Il rischio di sviluppare fibrillazione atriale o di avere episodi ricorrenti di fibrillazione atriale è ridotto modificando alcuni stili di vita (tra i principali obesità, assunzione di alcol e inattività fisica). Inoltre è stato dimostrato che il trattamento adeguato di patologie concomitanti ha un impatto positivo sulla ricorrenza e sulle complicazioni della fibrillazione atriale. In particolare la cura del diabete, dell’ipertensione arteriosa, dello scompenso cardiaco e delle apnee ostruttive notturne migliorano la possibilità di gestire adeguatamente la fibrillazione atriale.

            Come si manifesta e come viene diagnosticata?

            La fibrillazione atriale può essere sintomatica o asintomatica e può essere rilevata durante controlli di routine o a causa di sintomi. Gli episodi asintomatici sono comuni (50-87% dei casi) e sono più frequenti negli uomini rispetto alle donne. Contrariamente a quanto più volte ipotizzato, un’ampia metanalisi non ha rilevato differenze tra anziani e giovani o tra pazienti con prognosi migliore o peggiore rispetto alla sintomaticità o asintomaticità. I sintomi possono includere palpitazioni, scarsa tolleranza allo sforzo, vertigini, sincopi, disturbi del sonno.

            La diagnosi richiede un’anamnesi fisiologica e patologica completa, l’esame obiettivo e l’esecuzione di un tracciato elettrocardiografico a 12 derivazioni. Inoltre è utile una valutazione ecocardiografica completa (misure dell’atrio sinistro, funzione e misure del ventricolo sinistro, misure delle camere destre e funzione e morfologia delle valvole cardiache). Occorre anche sempre richiedere i seguenti esami di laboratorio: funzione tiroidea e renale, elettroliti ed emocromo.

            Si associa a un aumento del rischio di mortalità e morbilità per ictus, demenza e decadimento cognitivo.

             

            A chi è dedicato questo corso ECM?

            Il corso ECM è rivolto a medici, farmacisti, infermieri, odontoiatri e ai tecnici della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare.

            Le risposte per la pratica quotidiana

            In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni sui seguenti aspetti:

            • Che cos'è la fibrillazione atriale
            • Come si manifesta
            • Come si tratta il paziente con fibrillazione atriale

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              Valutazione e monitoraggio del rischio biologico sul lavoro

              Titolo: Valutazione e monitoraggio del rischio biologico sul lavoro (codice ECM 382088)
              Destinatari:
              tutti gli operatori sanitari
              Scadenza:
              02-04-2024
              Crediti:
              2
              Costo:
              20 €
              Programma:
              MeLa Flash
              Valutazione dei partecipanti (103 valutazioni):
              8/10 rilevanza
              9/10 qualità
              8/10 efficacia

              Perché seguire questo corso FAD ECM sul rischio biologico

              Il rischio biologico è comune a molte attività lavorative e gli operatori devono essere informati su come ridurlo o prevenirlo nelle varie situazioni. Le nuove linee guida ILO, alla base del corso, forniscono raccomandazioni pratiche al riguardo.

              Il rischio di legionellosi

              Molti studi hanno dimostrato l’ampia diffusione del genere Legionella nei sistemi idrici delle strutture turistico-recettive e termali.
              Gli stabilimenti e gli alberghi termali, in ambienti diversi da quelli dedicati alle cure, da anni ormai integrano l’offerta delle prestazioni terapeutiche con quelle più propriamente di benessere. Le prestazioni comprendono: bagni con idromassaggio, docce filiformi, “docce francesi”, bagno turco, sauna, fanghi,
              massaggi, piscine con zone con idromassaggio. Le caratteristiche della microflora tipica delle acque termali e il fatto che queste siano utilizzate a temperature per lo più comprese tra i 30 e i 40°C costituiscono condizioni favorenti lo sviluppo e la sopravvivenza di Legionella.
              Fra le apparecchiature e cure termali per le quali maggiore è il rischio di trasmissione vi sono anche i bagni con idromassaggio. Analogamente, rappresentano una fonte di pericolo tutte le prestazioni, erogate con acqua termale o non termale, nei reparti “benessere” degli stabilimenti termali che comportano la formazione di aerosol.

              Prevenzione del rischio di legionellosi nelle strutture turistiche

              Per un’efficace prevenzione del rischio biologico nelle strutture turistiche è d’obbligo che il gestore di ogni struttura effettui con periodicità (biennale, preferibilmente annuale) la valutazione del rischio di legionellosi.
              La valutazione deve essere effettuata da una figura competente (per esempio igienista, microbiologo, ingegnere con esperienza specifica, eccetera).
              Una corretta valutazione del rischio correlato a una struttura turistico-recettiva deve partire da un’ispezione degli impianti a rischio supportata, qualora disponibili, dagli schemi d’impianto aggiornati.
              Tale analisi ispettiva deve essere finalizzata a individuare i punti critici di ciascun impianto a rischio, in considerazione delle condizioni di esercizio e manutenzione.
              Il rischio di legionellosi dipende da vari fattori, tra cui:

              • temperatura dell’acqua compresa tra 20 e 50°C
              • presenza di tubazioni con flusso d’acqua minimo o assente (tratti poco o per nulla utilizzati della rete, utilizzo saltuario delle fonti di erogazione)
              • utilizzo stagionale o discontinuo della struttura o di una sua parte
              • caratteristiche e manutenzione degli impianti e dei terminali di erogazione (pulizia, disinfezione)
              • caratteristiche dell’acqua di approvvigionamento a ciascun impianto (fonte di erogazione, disponibilità di nutrimento per Legionella, presenza di eventuali disinfettanti)
              • vetustà, complessità e dimensioni dell’impianto
              • ampliamento o modifica dell’impianto esistente (lavori di ristrutturazione)
              • utilizzo di gomma e fibre naturali per guarnizioni e dispositivi di tenuta
              • presenza e concentrazione di Legionella, evidenziata a seguito di eventuali pregressi accertamenti ambientali (campionamenti microbiologici).

              L'entusiasmo del medico competente

              Renzo Aspertilli, giovane medico competente rientra al lavoro dopo un periodo di assenza per aggiornamento, pieno di energia e di nuove idee da mettere a punto nelle aziende che segue.
              “Buongiorno Renzo, bentornato, come va?” lo saluta l’ingegner Toffano, titolare di un’industria cartaria.
              “Benissimo” risponde Renzo con gli occhi che brillano “non ha idea, caro ingegnere, di quante novità interessanti abbiano parlato al Congresso, non vedo l’ora di organizzare un corso di aggiornamento per tutti i dipendenti e anche per i responsabili di ciascun settore e i dirigenti, compreso lei, si intende!”
              “Ottimo, bravo Renzo!” lo loda Toffano “e mi dica, di cosa ci parlerebbe? Ancora una volta della valutazione del rischio?” chiede con un filo di ironia il titolare che sa essere quello il pallino del dottor Aspertilli.
              “Ça va sans dire” risponde il medico che non fa caso al tono della domanda. “Dobbiamo assolutamente parlare del rischio biologico” chiarisce il medico “non ha idea di quante novità e indicazioni utili siano emerse al congresso!”
              “Mmhh” mugugna l’ingegnere, poco convinto “e cioè?”
              “Il convegno internazionale si è svolto a Ginevra, per cinque giorni, presso la International Labour Organization (ILO), ovvero l’Organizzazione Internazionale del lavoro. Durante il convegno sono state stilate validate le nuove linee guida sulla gestione dei rischi biologici sul posto di lavoro e sulle valutazioni del rischio con un approccio davvero innovativo” spiega convinto il medico. “Fra l’altro è un tema che coinvolge in primo piano proprio i datori di lavoro, come lei, che hanno un ruolo chiave al riguardo”.
              “Va bene Renzo, mi ha convinto, e so che mi posso fidare di lei” risponde il titolare dell’azienda “organizzi quando vuole questo corso”.

              [...] Scopri come procede la storia nel corso

              Un nuovo modo di formarsi in medicina del lavoro

              Con il programma MeLa Flash si offre un programma di formazione in medicina del lavoro.

              corsi FAD sono circa una decina all'anno, hanno la caratteristica di essere sintetici (due crediti ECM a corso), in modo da consentire una formazione flessibile che non imponga di affrontare corsi troppo impegnativi in termini di tempo o dai contenuti difformi tra loro.

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                L’ABC dell’ipertensione arteriosa

                Titolo: L'ABC dell'ipertensione arteriosa (ID ECM 383519)
                Destinatari: tutti gli operatori sanitari tranne medici e odontoiatri
                Scadenza: 12-04-24
                Crediti: 5
                Costo: 30 €
                Programma: CliniFAD
                Valutazione dei partecipanti (202 valutazioni):
                8/10 rilevanza
                9/10 qualità
                8/10 efficacia

                Perché seguire questo corso sull'ipertensione arteriosa?

                Secondo i dati dell'OMS negli ultimi 30 anni il numero di persone tra i 30 e i 79 anni ipertese è passato da circa 650 milioni a 1,28 miliardi, ma il 46% degli adulti è inconsapevole della sua condizione. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero avere una conoscenza adeguata dell'ipertensione così da poter aiutare i pazienti a riconoscere il problema e mettere in atto le modifiche comportamentali che possono ridurre il rischio di dover ricorrere ai farmaci.

                Quali sono i meccanismi alla base dell'ipertensione arteriosa?

                Il mantenimento della pressione arteriosa a livelli fisiologici dipende dal volume di sangue, dalla gittata cardiaca e dal tono delle arterie e comporta il coinvolgimento di diversi meccanismi coordinati dal centro vasomotore situato nel midollo allungato. L’ipertensione primaria origina da una combinazione di fattori genetici, ambientali e dietetici. Gli studi genetici hanno identificato 120 loci associati alla regolazione della pressione arteriosa, ma in grado di fornire una spiegazione a solo il 3,5% delle forme di ipertensione primaria osservate. I meccanismi patogenetici sono estremamente complessi, si parla infatti di teoria del mosaico per sottolineare l’interazione e l’influenza reciproca di molteplici fattori nel determinare l’ipertensione arteriosa. Fattori che sempre più spesso vengono messo al centro di questo mosaico sono l’infiammazione e l’assunzione in eccesso di cloruro di sodio.

                Quali sono i fattori di rischio modificabili?

                La predisposizione genetica sembra essere il presupposto necessario per sviluppare l’ipertensione, ma da sola non è sufficiente. Occorre infatti che si aggiungano altri fattori come il consumo di sodio in eccesso. Tra i fattori di rischio più importanti su cui occorre intervenire fin da bambini per prevenire l’ipertensione ci sono senza dubbio: il sovrappeso, l’obesità, la scarsa attività fisica e la dieta non sana. In particolare occorre ridurre l’eccesso di sodio e correggere la carenza di potassio. Per la prevenzione l’OMS in particolare raccomanda di: consumare abitualmente frutta e verdura, rimanere attivi fisicamente, evitare il fumo, limitare l’assunzione di sale, di cibi ad alto contenuto di grassi e di alcol.

                A chi è dedicato questo corso ECM?

                Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari tranne medici e odontoiatri.

                Le risposte per la pratica quotidiana

                In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based e in particolare troverai risposta ai seguenti quesiti clinici assistenziali:

                1. Quanto è frequente l’ipertensione?
                2. Quali sono i meccanismi alla base dell'ipertensione?
                3. Come si misura la pressione arteriosa?
                4. Quale è l'inquadramento diagnostico
                5. Quali sono i fattori di rischio modificabili?
                6. Quali sono gli interventi non farmacologici per ridurre la pressione?
                7. Quali farmaci usare nell'ipertensione lieve?
                8. Quando occorre somministrare una terapia combinata?

                Lasciaci la tua mail e resta aggiornata/o


                  Dermatite occupazionale negli operatori sanitari

                  dermatite

                  Titolo: Dermatite occupazionale negli operatori sanitari (codice ECM 378169)
                  Destinatari:
                  tutti gli operatori sanitari
                  Scadenza:
                  31-12-2023
                  Crediti:
                  2
                  Costo:
                  20 €
                  Programma:
                  MeLa Flash
                  Valutazione dei partecipanti (176 valutazioni):
                  8/10 rilevanza
                  9/10 qualità
                  8/10 efficacia

                  Perché un corso sulla dermatite degli operatori sanitari

                  Tra i lavoratori, gli operatori sanitari sono quelli più a rischio di dermatite. Questo breve corso è raccomandato a tutti gli operatori sanitari perché offre informazioni chiare e sintetiche sui fattori di rischio e sulla gestione della dermatite occupazionale. Il corso si inserisce in un momento storico particolare in quanto con la recente pandemia ha portato a un maggiore utilizzo dei guanti per periodi prolungati e al frequente lavaggio delle mani. Questi comportamenti, sebbene virtuosi, possono favorire un aumento del rischio della dermatite.

                  Dermatite e lavoro: incidenza e prevalenza

                  Tra le malattie cutanee professionali la dermatite da contatto è la più frequente (70-95% dei casi nei paesi occidentali).
                  L’incidenza stimata utilizzando i registri delle malattie professionali è di 0,6-6,7 casi per 10.000 anni-persona ma sale a 15,9-780 casi per 10.000 anni-persona se si utilizzando i dati ricavabili dagli studi di
                  coorte. Questo notevole divario deriva dal fatto che i registri includono solo i casi di gravità clinica significativa oggetto di valutazione con test epicutaneo (patch test).
                  Le stime di prevalenza indicano 11-86 casi per 100.000 lavoratori, ma è verosimile una sotto notifica.
                  Secondo i dati italiani pubblicati nel 2021 dall’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL) la dermatite da contatto pesa per l’82% delle malattie cutanee professionali (88% se si considerano solo i lavoratori più giovani, fino ai 35 anni d’età).
                  Il gruppo di studio NEICDG (North-East Italy Contact Dermatitis Group) ha raccolto a partire dal 1996 in 8 centri di Dermatologia o di Medicina del lavoro i dati (questionario individuale, familiare, occupazionale e patch test) relativi a 30.000 lavoratori sopra i 15 anni d’età, che hanno permesso di stabilire che nel 10% dei casi la dermatite da contatto è di origine professionale e in genere classificabile come forma atopica.
                  La dermatite da contatto ha in genere una prognosi non buona, data la tendenza a persistere o recidivare nonostante i trattamenti (30-80% dei casi). È causa di perdita del lavoro in una quota significativa di
                  lavoratori affetti (30-70%) e tende a persistere nel tempo.

                  Prevenzione della dermatite da contatto

                  Per la prevenzione della dermatite da contatto irritativa delle mani, gli idratanti usati da soli o in combinazione con creme barriera possono avere un effetto protettivo clinicamente importante, sia a lungo sia
                  a breve termine. Non sembra invece clinicamente rilevante l’effetto protettivo delle creme barriera solari.
                  Inoltre le creme da applicare prima del turno di lavoro non sono raccomandate per i lavoratori che indossano guanti in lattice, dal momento che possono favorire l’assorbimento di allergeni dai guanti stessi

                  L’eccesso di zelo di Patty

                  Patty, una operatrice sociosanitaria poco più che trentenne, a fine turno si dirige verso il cucinino del reparto di Medicina in cui lavora da quasi un anno per rifocillarsi con un caffè e scambiare due chiacchiere con la collega, prima di darsi consegna. Carlotta, di molti anni più grande, infermiera di grande esperienza, è già arrivata e la accoglie con un sorriso.
                  “Ciao Patty, cos’è quell’aria imbronciata, ti sei svegliata con la luna storta oggi?” la punzecchia scherzosa.
                  “Macché, magari fosse quello!” risponde l’amica “guarda come sono conciate le mie mani oggi!”.
                  “Accidenti, ragazza mia!” esclama Carlotta osservando la pelle arrossata e desquamata. Ti fanno male? Prudono?”
                  “Direi più bruciore che prurito”.
                  “Eh, ma devi fare qualcosa questo è un eczema bello e buono!” dice l’infermiera.
                  “Sì, lo so, me lo ha confermato anche la mia dottoressa, ci convivo da un bel po’ ma mentre prima andava e veniva negli ultimi mesi è fisso, così forte non mi era mai successo. Soprattutto il dolore non mi dà tregua ed è associato a un certo grado di prurito! Questa settimana ho dovuto fare più turni del solito, perché la nostra collega Camilla era in malattia e senz’altro ho esagerato con le procedure di igiene! Accidenti, ce l’aveva ben detto il dottor Rossetti, il medico del lavoro, durante il corso...”
                  “Sì, l’avevo seguito anch’io, mi ricordo che aveva parlato di uno studio in cui erano stati presi in considerazione vari fattori, come per esempio quante volte al giorno ci si lava le mani, se si usa acqua calda o fredda, che disinfettanti si usano per le mani, se con alcol o senza”.
                  “Sì, proprio così, tanto che io ho cercato di stare un po’ più attenta, ma nonostante ciò forse ho un po’ esagerato, visto che con la COVID di questi tempi non si sa mai, volevo sentirmi più protetta”.

                  [...] Scopri come procede la storia nel corso

                  Un nuovo modo di formarsi in medicina del lavoro

                  Con il programma MeLa Flash si offre un programma di formazione in medicina del lavoro.

                  corsi FAD sono circa una decina all'anno, hanno la caratteristica di essere sintetici (due crediti ECM a corso), in modo da consentire una formazione flessibile che non imponga di affrontare corsi troppo impegnativi in termini di tempo o dai contenuti difformi tra loro.

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                    Cambiamento climatico: ‘La più grande minaccia per la salute’, (OMS)

                    Titolo: Cambiamento climatico: 'La più grande minaccia per la salute', OMS (ID ECM 380280)
                    Destinatari: tutti gli operatori sanitari
                    Scadenza:19-03-24
                    Crediti: 8
                    Costo: 40 €
                    Programma: Ambiente e salute
                    Valutazione dei partecipanti (302 valutazioni):
                    9/10 rilevanza
                    9/10 qualità
                    8/10 efficacia

                    Gli effetti del cambiamento climatico sulla salute

                    Il cambiamento climatico sta già provocando numerosi impatti di tipo ambientale, economico e sociali. Fra questi di particolare importanza è l'effetto del clima sulla salute umana, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato nel cambiamento climatico in corso "la più grande minaccia per la salute" globale.
                    Le stime sulle ricadute del cambiamento climatico sulle generazioni attuali e future sono preoccupanti. Si stima che ogni anno 8,7 milioni di persone muoiano nel mondo a causa dell’inquinamento atmosferico da particolato generato dalla combustione di fossili”. Tuttavia il numero reale di morti premature attribuibili ai cambiamenti climatici non è a oggi noto, vista la grande incertezza delle stime. L’inquinamento, cui è esposto il 90% della popolazione del pianeta, è la quarta causa di morte e di malattie nel mondo. Negli ultimi 20 anni le malattie legate al caldo sono aumentate di oltre il 50% tra gli anziani e sono responsabili di un eccesso di morbilità e mortalità specie per malattie cardiovascolari. Nell’ultimo decennio, più di 2,6 miliardi di persone sono state colpite da disastri naturali (uragani, inondazioni e incendi). La carenza di acqua di buona qualità è frutto di due fenomeni: la siccità e la contaminazione. Infine, il cambiamento climatico supporta l’insorgenza di nuovi patogeni, causa potenziale di zoonosi, e la crescita delle malattia causate da vettori.

                    Il cambiamento climatico come causa di malattia

                    L’esposizione dell’organismo umano a centinaia di migliaia di composti tossici, a radiazioni dannose non filtrate dall’atmosfera, a temperature estreme rende praticamente ogni organo e apparato suscettibile di danni e malattie. Stili di vita non corretti (fumo, alcol, alimentazione) amplificano il danno potenziale. È dimostrato che il cambiamento climatico ha anche ricadute negative sulla psiche. Sono a maggior rischio di malattia i sottogruppi più fragili della popolazione (donne in gravidanza, bambini, adolescenti, anziani).

                    L’impronta ecologica della sanità

                    Il sistema sanitario è in parte responsabile del cambiamento climatico a causa di processi e pratiche potenzialmente rischiose per l’ambiente. Tra questi hanno particolare rilievo l’uso e lo smaltimento non appropriati dei farmaci, l’impiego di dispositivi monouso inquinanti e/o non degradabili, gli impianti di sanificazione, riscaldamento condizionamento delle strutture sanitarie. Gli operatori sanitari, oltre a sviluppare una cultura personale a difesa dell’ambiente e a seguire buone pratiche, sono tenuti a diffondere tale cultura.

                    A chi è dedicato questo corso ECM?

                    Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari

                    Le risposte per la pratica quotidiana

                    In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni sui seguenti aspetti:

                    1.Definizione ed epidemiologia
                    2. L’eziologia multifattoriale
                    3. Inquadramento clinico
                    4. Inquadramento diagnostico
                    5. Gestione del paziente
                    6. Condizioni particolari  (la MRGE in gravidanza e allattamento, la MRGE nel bambino)

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