Valutazione e monitoraggio del rischio biologico sul lavoro

Titolo: Valutazione e monitoraggio del rischio biologico sul lavoro (codice ECM 382088)
Destinatari:
tutti gli operatori sanitari
Scadenza:
02-04-2024
Crediti:
2
Costo:
20 €
Programma:
MeLa Flash
Valutazione dei partecipanti (76 valutazioni):
8/10 rilevanza
9/10 qualità
8/10 efficacia

Perché seguire questo corso FAD ECM sul rischio biologico

Il rischio biologico è comune a molte attività lavorative e gli operatori devono essere informati su come ridurlo o prevenirlo nelle varie situazioni. Le nuove linee guida ILO, alla base del corso, forniscono raccomandazioni pratiche al riguardo.

Il rischio di legionellosi

Molti studi hanno dimostrato l’ampia diffusione del genere Legionella nei sistemi idrici delle strutture turistico-recettive e termali.
Gli stabilimenti e gli alberghi termali, in ambienti diversi da quelli dedicati alle cure, da anni ormai integrano l’offerta delle prestazioni terapeutiche con quelle più propriamente di benessere. Le prestazioni comprendono: bagni con idromassaggio, docce filiformi, “docce francesi”, bagno turco, sauna, fanghi,
massaggi, piscine con zone con idromassaggio. Le caratteristiche della microflora tipica delle acque termali e il fatto che queste siano utilizzate a temperature per lo più comprese tra i 30 e i 40°C costituiscono condizioni favorenti lo sviluppo e la sopravvivenza di Legionella.
Fra le apparecchiature e cure termali per le quali maggiore è il rischio di trasmissione vi sono anche i bagni con idromassaggio. Analogamente, rappresentano una fonte di pericolo tutte le prestazioni, erogate con acqua termale o non termale, nei reparti “benessere” degli stabilimenti termali che comportano la formazione di aerosol.

Prevenzione del rischio di legionellosi nelle strutture turistiche

Per un’efficace prevenzione del rischio biologico nelle strutture turistiche è d’obbligo che il gestore di ogni struttura effettui con periodicità (biennale, preferibilmente annuale) la valutazione del rischio di legionellosi.
La valutazione deve essere effettuata da una figura competente (per esempio igienista, microbiologo, ingegnere con esperienza specifica, eccetera).
Una corretta valutazione del rischio correlato a una struttura turistico-recettiva deve partire da un’ispezione degli impianti a rischio supportata, qualora disponibili, dagli schemi d’impianto aggiornati.
Tale analisi ispettiva deve essere finalizzata a individuare i punti critici di ciascun impianto a rischio, in considerazione delle condizioni di esercizio e manutenzione.
Il rischio di legionellosi dipende da vari fattori, tra cui:

  • temperatura dell’acqua compresa tra 20 e 50°C
  • presenza di tubazioni con flusso d’acqua minimo o assente (tratti poco o per nulla utilizzati della rete, utilizzo saltuario delle fonti di erogazione)
  • utilizzo stagionale o discontinuo della struttura o di una sua parte
  • caratteristiche e manutenzione degli impianti e dei terminali di erogazione (pulizia, disinfezione)
  • caratteristiche dell’acqua di approvvigionamento a ciascun impianto (fonte di erogazione, disponibilità di nutrimento per Legionella, presenza di eventuali disinfettanti)
  • vetustà, complessità e dimensioni dell’impianto
  • ampliamento o modifica dell’impianto esistente (lavori di ristrutturazione)
  • utilizzo di gomma e fibre naturali per guarnizioni e dispositivi di tenuta
  • presenza e concentrazione di Legionella, evidenziata a seguito di eventuali pregressi accertamenti ambientali (campionamenti microbiologici).

L'entusiasmo del medico competente

Renzo Aspertilli, giovane medico competente rientra al lavoro dopo un periodo di assenza per aggiornamento, pieno di energia e di nuove idee da mettere a punto nelle aziende che segue.
“Buongiorno Renzo, bentornato, come va?” lo saluta l’ingegner Toffano, titolare di un’industria cartaria.
“Benissimo” risponde Renzo con gli occhi che brillano “non ha idea, caro ingegnere, di quante novità interessanti abbiano parlato al Congresso, non vedo l’ora di organizzare un corso di aggiornamento per tutti i dipendenti e anche per i responsabili di ciascun settore e i dirigenti, compreso lei, si intende!”
“Ottimo, bravo Renzo!” lo loda Toffano “e mi dica, di cosa ci parlerebbe? Ancora una volta della valutazione del rischio?” chiede con un filo di ironia il titolare che sa essere quello il pallino del dottor Aspertilli.
“Ça va sans dire” risponde il medico che non fa caso al tono della domanda. “Dobbiamo assolutamente parlare del rischio biologico” chiarisce il medico “non ha idea di quante novità e indicazioni utili siano emerse al congresso!”
“Mmhh” mugugna l’ingegnere, poco convinto “e cioè?”
“Il convegno internazionale si è svolto a Ginevra, per cinque giorni, presso la International Labour Organization (ILO), ovvero l’Organizzazione Internazionale del lavoro. Durante il convegno sono state stilate validate le nuove linee guida sulla gestione dei rischi biologici sul posto di lavoro e sulle valutazioni del rischio con un approccio davvero innovativo” spiega convinto il medico. “Fra l’altro è un tema che coinvolge in primo piano proprio i datori di lavoro, come lei, che hanno un ruolo chiave al riguardo”.
“Va bene Renzo, mi ha convinto, e so che mi posso fidare di lei” risponde il titolare dell’azienda “organizzi quando vuole questo corso”.

[...] Scopri come procede la storia nel corso

Un nuovo modo di formarsi in medicina del lavoro

Con il programma MeLa Flash si offre un programma di formazione in medicina del lavoro.

corsi FAD sono circa una decina all'anno, hanno la caratteristica di essere sintetici (due crediti ECM a corso), in modo da consentire una formazione flessibile che non imponga di affrontare corsi troppo impegnativi in termini di tempo o dai contenuti difformi tra loro.

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    L’ABC dell’ipertensione arteriosa

    Titolo: L'ABC dell'ipertensione arteriosa (ID ECM 383519)
    Destinatari: tutti gli operatori sanitari tranne medici e odontoiatri
    Scadenza: 12-04-24
    Crediti: 5
    Costo: 30 €
    Programma: CliniFAD
    Valutazione dei partecipanti (142 valutazioni):
    8/10 rilevanza
    9/10 qualità
    8/10 efficacia

    Perché seguire questo corso sull'ipertensione arteriosa?

    Secondo i dati dell'OMS negli ultimi 30 anni il numero di persone tra i 30 e i 79 anni ipertese è passato da circa 650 milioni a 1,28 miliardi, ma il 46% degli adulti è inconsapevole della sua condizione. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero avere una conoscenza adeguata dell'ipertensione così da poter aiutare i pazienti a riconoscere il problema e mettere in atto le modifiche comportamentali che possono ridurre il rischio di dover ricorrere ai farmaci.

    Quali sono i meccanismi alla base dell'ipertensione arteriosa?

    Il mantenimento della pressione arteriosa a livelli fisiologici dipende dal volume di sangue, dalla gittata cardiaca e dal tono delle arterie e comporta il coinvolgimento di diversi meccanismi coordinati dal centro vasomotore situato nel midollo allungato. L’ipertensione primaria origina da una combinazione di fattori genetici, ambientali e dietetici. Gli studi genetici hanno identificato 120 loci associati alla regolazione della pressione arteriosa, ma in grado di fornire una spiegazione a solo il 3,5% delle forme di ipertensione primaria osservate. I meccanismi patogenetici sono estremamente complessi, si parla infatti di teoria del mosaico per sottolineare l’interazione e l’influenza reciproca di molteplici fattori nel determinare l’ipertensione arteriosa. Fattori che sempre più spesso vengono messo al centro di questo mosaico sono l’infiammazione e l’assunzione in eccesso di cloruro di sodio.

    Quali sono i fattori di rischio modificabili?

    La predisposizione genetica sembra essere il presupposto necessario per sviluppare l’ipertensione, ma da sola non è sufficiente. Occorre infatti che si aggiungano altri fattori come il consumo di sodio in eccesso. Tra i fattori di rischio più importanti su cui occorre intervenire fin da bambini per prevenire l’ipertensione ci sono senza dubbio: il sovrappeso, l’obesità, la scarsa attività fisica e la dieta non sana. In particolare occorre ridurre l’eccesso di sodio e correggere la carenza di potassio. Per la prevenzione l’OMS in particolare raccomanda di: consumare abitualmente frutta e verdura, rimanere attivi fisicamente, evitare il fumo, limitare l’assunzione di sale, di cibi ad alto contenuto di grassi e di alcol.

    A chi è dedicato questo corso ECM?

    Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari tranne medici e odontoiatri.

    Le risposte per la pratica quotidiana

    In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based e in particolare troverai risposta ai seguenti quesiti clinici assistenziali:

    1. Quanto è frequente l’ipertensione?
    2. Quali sono i meccanismi alla base dell'ipertensione?
    3. Come si misura la pressione arteriosa?
    4. Quale è l'inquadramento diagnostico
    5. Quali sono i fattori di rischio modificabili?
    6. Quali sono gli interventi non farmacologici per ridurre la pressione?
    7. Quali farmaci usare nell'ipertensione lieve?
    8. Quando occorre somministrare una terapia combinata?

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      Dermatite occupazionale negli operatori sanitari

      dermatite

      Titolo: Dermatite occupazionale negli operatori sanitari (codice ECM 378169)
      Destinatari:
      tutti gli operatori sanitari
      Scadenza:
      31-12-2023
      Crediti:
      2
      Costo:
      20 €
      Programma:
      MeLa Flash
      Valutazione dei partecipanti (158 valutazioni):
      8/10 rilevanza
      9/10 qualità
      8/10 efficacia

      Perché un corso sulla dermatite degli operatori sanitari

      Tra i lavoratori, gli operatori sanitari sono quelli più a rischio di dermatite. Questo breve corso è raccomandato a tutti gli operatori sanitari perché offre informazioni chiare e sintetiche sui fattori di rischio e sulla gestione della dermatite occupazionale. Il corso si inserisce in un momento storico particolare in quanto con la recente pandemia ha portato a un maggiore utilizzo dei guanti per periodi prolungati e al frequente lavaggio delle mani. Questi comportamenti, sebbene virtuosi, possono favorire un aumento del rischio della dermatite.

      Dermatite e lavoro: incidenza e prevalenza

      Tra le malattie cutanee professionali la dermatite da contatto è la più frequente (70-95% dei casi nei paesi occidentali).
      L’incidenza stimata utilizzando i registri delle malattie professionali è di 0,6-6,7 casi per 10.000 anni-persona ma sale a 15,9-780 casi per 10.000 anni-persona se si utilizzando i dati ricavabili dagli studi di
      coorte. Questo notevole divario deriva dal fatto che i registri includono solo i casi di gravità clinica significativa oggetto di valutazione con test epicutaneo (patch test).
      Le stime di prevalenza indicano 11-86 casi per 100.000 lavoratori, ma è verosimile una sotto notifica.
      Secondo i dati italiani pubblicati nel 2021 dall’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL) la dermatite da contatto pesa per l’82% delle malattie cutanee professionali (88% se si considerano solo i lavoratori più giovani, fino ai 35 anni d’età).
      Il gruppo di studio NEICDG (North-East Italy Contact Dermatitis Group) ha raccolto a partire dal 1996 in 8 centri di Dermatologia o di Medicina del lavoro i dati (questionario individuale, familiare, occupazionale e patch test) relativi a 30.000 lavoratori sopra i 15 anni d’età, che hanno permesso di stabilire che nel 10% dei casi la dermatite da contatto è di origine professionale e in genere classificabile come forma atopica.
      La dermatite da contatto ha in genere una prognosi non buona, data la tendenza a persistere o recidivare nonostante i trattamenti (30-80% dei casi). È causa di perdita del lavoro in una quota significativa di
      lavoratori affetti (30-70%) e tende a persistere nel tempo.

      Prevenzione della dermatite da contatto

      Per la prevenzione della dermatite da contatto irritativa delle mani, gli idratanti usati da soli o in combinazione con creme barriera possono avere un effetto protettivo clinicamente importante, sia a lungo sia
      a breve termine. Non sembra invece clinicamente rilevante l’effetto protettivo delle creme barriera solari.
      Inoltre le creme da applicare prima del turno di lavoro non sono raccomandate per i lavoratori che indossano guanti in lattice, dal momento che possono favorire l’assorbimento di allergeni dai guanti stessi

      L’eccesso di zelo di Patty

      Patty, una operatrice sociosanitaria poco più che trentenne, a fine turno si dirige verso il cucinino del reparto di Medicina in cui lavora da quasi un anno per rifocillarsi con un caffè e scambiare due chiacchiere con la collega, prima di darsi consegna. Carlotta, di molti anni più grande, infermiera di grande esperienza, è già arrivata e la accoglie con un sorriso.
      “Ciao Patty, cos’è quell’aria imbronciata, ti sei svegliata con la luna storta oggi?” la punzecchia scherzosa.
      “Macché, magari fosse quello!” risponde l’amica “guarda come sono conciate le mie mani oggi!”.
      “Accidenti, ragazza mia!” esclama Carlotta osservando la pelle arrossata e desquamata. Ti fanno male? Prudono?”
      “Direi più bruciore che prurito”.
      “Eh, ma devi fare qualcosa questo è un eczema bello e buono!” dice l’infermiera.
      “Sì, lo so, me lo ha confermato anche la mia dottoressa, ci convivo da un bel po’ ma mentre prima andava e veniva negli ultimi mesi è fisso, così forte non mi era mai successo. Soprattutto il dolore non mi dà tregua ed è associato a un certo grado di prurito! Questa settimana ho dovuto fare più turni del solito, perché la nostra collega Camilla era in malattia e senz’altro ho esagerato con le procedure di igiene! Accidenti, ce l’aveva ben detto il dottor Rossetti, il medico del lavoro, durante il corso...”
      “Sì, l’avevo seguito anch’io, mi ricordo che aveva parlato di uno studio in cui erano stati presi in considerazione vari fattori, come per esempio quante volte al giorno ci si lava le mani, se si usa acqua calda o fredda, che disinfettanti si usano per le mani, se con alcol o senza”.
      “Sì, proprio così, tanto che io ho cercato di stare un po’ più attenta, ma nonostante ciò forse ho un po’ esagerato, visto che con la COVID di questi tempi non si sa mai, volevo sentirmi più protetta”.

      [...] Scopri come procede la storia nel corso

      Un nuovo modo di formarsi in medicina del lavoro

      Con il programma MeLa Flash si offre un programma di formazione in medicina del lavoro.

      corsi FAD sono circa una decina all'anno, hanno la caratteristica di essere sintetici (due crediti ECM a corso), in modo da consentire una formazione flessibile che non imponga di affrontare corsi troppo impegnativi in termini di tempo o dai contenuti difformi tra loro.

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        Cambiamento climatico: ‘La più grande minaccia per la salute’, (OMS)

        Titolo: Cambiamento climatico: 'La più grande minaccia per la salute', OMS (ID ECM 380280)
        Destinatari: tutti gli operatori sanitari
        Scadenza:19-03-24
        Crediti: 8
        Costo: 40 €
        Programma: Ambiente e salute
        Valutazione dei partecipanti (217 valutazioni):
        9/10 rilevanza
        9/10 qualità
        9/10 efficacia

        Gli effetti del cambiamento climatico sulla salute

        Il cambiamento climatico sta già provocando numerosi impatti di tipo ambientale, economico e sociali. Fra questi di particolare importanza è l'effetto del clima sulla salute umana, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato nel cambiamento climatico in corso "la più grande minaccia per la salute" globale.
        Le stime sulle ricadute del cambiamento climatico sulle generazioni attuali e future sono preoccupanti. Si stima che ogni anno 8,7 milioni di persone muoiano nel mondo a causa dell’inquinamento atmosferico da particolato generato dalla combustione di fossili”. Tuttavia il numero reale di morti premature attribuibili ai cambiamenti climatici non è a oggi noto, vista la grande incertezza delle stime. L’inquinamento, cui è esposto il 90% della popolazione del pianeta, è la quarta causa di morte e di malattie nel mondo. Negli ultimi 20 anni le malattie legate al caldo sono aumentate di oltre il 50% tra gli anziani e sono responsabili di un eccesso di morbilità e mortalità specie per malattie cardiovascolari. Nell’ultimo decennio, più di 2,6 miliardi di persone sono state colpite da disastri naturali (uragani, inondazioni e incendi). La carenza di acqua di buona qualità è frutto di due fenomeni: la siccità e la contaminazione. Infine, il cambiamento climatico supporta l’insorgenza di nuovi patogeni, causa potenziale di zoonosi, e la crescita delle malattia causate da vettori.

        Il cambiamento climatico come causa di malattia

        L’esposizione dell’organismo umano a centinaia di migliaia di composti tossici, a radiazioni dannose non filtrate dall’atmosfera, a temperature estreme rende praticamente ogni organo e apparato suscettibile di danni e malattie. Stili di vita non corretti (fumo, alcol, alimentazione) amplificano il danno potenziale. È dimostrato che il cambiamento climatico ha anche ricadute negative sulla psiche. Sono a maggior rischio di malattia i sottogruppi più fragili della popolazione (donne in gravidanza, bambini, adolescenti, anziani).

        L’impronta ecologica della sanità

        Il sistema sanitario è in parte responsabile del cambiamento climatico a causa di processi e pratiche potenzialmente rischiose per l’ambiente. Tra questi hanno particolare rilievo l’uso e lo smaltimento non appropriati dei farmaci, l’impiego di dispositivi monouso inquinanti e/o non degradabili, gli impianti di sanificazione, riscaldamento condizionamento delle strutture sanitarie. Gli operatori sanitari, oltre a sviluppare una cultura personale a difesa dell’ambiente e a seguire buone pratiche, sono tenuti a diffondere tale cultura.

        A chi è dedicato questo corso ECM?

        Il corso ECM è rivolto a tutti gli operatori sanitari

        Le risposte per la pratica quotidiana

        In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni sui seguenti aspetti:

        1.Definizione ed epidemiologia
        2. L’eziologia multifattoriale
        3. Inquadramento clinico
        4. Inquadramento diagnostico
        5. Gestione del paziente
        6. Condizioni particolari  (la MRGE in gravidanza e allattamento, la MRGE nel bambino)

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          Sindrome dell’intestino irritabile: dalla diagnosi al trattamento

          Titolo: Sindrome dell'intestino irritabile: dalla diagnosi al trattamento (codice ECM 387701)
          Destinatari:
          medici chirurghi
          Scadenza:
          11-06-24
          Crediti:
          2
          Costo:
          15 €
          Programma:
          SmartFAD
          Valutazione dei partecipanti (148 valutazioni):
          8/10 rilevanza
          9/10 qualità
          8/10 efficacia

          Perché seguire questo corso FAD ECM sulla sindrome dell'intestino irritabile?

          La sindrome dell'intestino irritabile è una patologia alquanto diffusa e ancora sottostimata. La sua ampia diffusione e la sua origine funzionale comportano un approccio globale alla persona che ne soffre per suggerire modifiche di comportamento ed eventuali terapie evidence based sulla base delle raccomandazioni contenute in questo corso.

          La patogenesi

          La patogenesi della sindrome dell’intestino irritabile rimane tuttora sconosciuta. Storicamente, il disturbo è stato spesso considerato come puramente psicosomatico. Oggi, nonostante i fattori psicosociali mantengano un certo ruolo, diverse sono le possibili alterazioni patofisiologiche descritte in letteratura:

          • alterata secrezione e ipersensibilità viscerale
          • alterazioni motorie
          • infezioni gastrointestinali
          • infiammazione della mucosa intestinale
          • modifiche del microbiota intestinale
          • predisposizione genetica.

          L’iperalgesia o ipersensibilità viscerale consiste nell’aumentata percezione del dolore alla distensione della parete intestinale, derivante da un rimodellamento delle vie neurali dell’asse intestino-cervello.
          In questi casi l’ingestione di grassi può aumentare la permeabilità intestinale, peggiorandone l’ipersensibilità. In alcuni pazienti l’insorgenza dei sintomi si correla, invece, con un pregresso episodio di gastroenterite acuta.
          Un’accelerazione o un rallentamento del transito intestinale può essere la causa della diarrea o della stitichezza che caratterizzano i differenti sottotipi della sindrome dell’intestino irritabile.

          Quando bisogna sospettare la sindrome dell'intestino irritabile?

          La sindrome dell’intestino irritabile dovrebbe essere sospettata nei pazienti che hanno un dolore addominale cronico associato a una irregolarità dell’alvo, sia in senso stitico sia in senso diarroico. Dal momento che non c’è a oggi un marcatore biologico né una caratteristica patognomonica agli esami di imaging.

          Un'ipotesi da confermare

          Oggi il dottor Farina è in forma smagliante: “Sto pregustando il fine settimana, finalmente una festività di venerdì! Ho deciso di andare due giorni al mare per rigenerarmi!”
          “Mi pare un’ottima idea” risponde la sua segretaria, porgendogli l’agenda degli appuntamenti.
          “Ha ragione, Elena” dice sorridendo e sedendosi alla scrivania “vediamo prima chi si è prenotato per oggi pomeriggio”.
          Un istante dopo suona il campanello, la segretaria si sporge sulla porta dello studio: “Quando vuole cominciare, dottore, la prima paziente è arrivata”.
          “La faccia pure accomodare” le risponde il medico.
          “Buongiorno, dottore” esclama Lucia entrando nello studio medico.
          “Aspettavo di avere vostre notizie, signora Fiore. Come sta suo marito?”
          “Molto meglio, grazie. Come sa è stato un anno difficile: il nuovo lavoro e il trasloco ci hanno messo a dura prova, sia individualmente sia come coppia, ma piano piano la situazione sta rientrando. Tranne per quel mio mal di pancia, per cui sono venuta oggi ad aggiornarla”.
          Lucia ha 37 anni e ha sempre goduto di buona salute fino ad alcuni mesi fa, quando ha cominciato ad accusare una vaga sintomatologia addominale, che l’ha portata a recarsi spesso dal medico.
          “Si metta pure sul lettino, signora Fiore, e scopra la pancia così rivediamo questa pancia dolente…”, dice il medico.
          “Con le medicine che mi ha dato in questo periodo, il fastidio si è un po’ ridotto” dice la donna. “Si sono ridotti soprattutto i ‘crampi’, ma mi piacerebbe sapere quale sia la causa di tutto ciò!” commenta Lucia durante la visita.
          “La pancia è distesa perché è piena d’aria, ma non ci sono segni preoccupanti, l’addome è morbido e anche quando schiaccio non ci sono reazioni particolari” spiega il medico per tranquillizzare la paziente mentre Lucia si riveste e si rimette seduta.
          “Una mia cara amica del liceo mi ha dato una mano con il trasloco e, chiacchierando, abbiamo scoperto di soffrire entrambe di questo benedetto mal di pancia e così ci siamo confrontate sul problema…”
          “E?” chiede il medico per mostrare alla donna di essere in ascolto, incoraggiandola a proseguire.
          “Per farla breve, lei ha girato fior fior di specialisti, da Genova a Bologna, e pare che le abbiano detto tutti che si tratta di ‘colon irritabile’. Abbiamo la stessa età e gli stessi problemi di pancia gonfia e diarrea
          ricorrente. Può darsi che anch’io abbia il colon irritabile?” chiede, quasi speranzosa Lucia. “Ricordo che tempo fa anche lei aveva parlato di questa possibilità”.
          “Sì, resta un’ipotesi assai plausibile” risponde il medico. L’età d’insorgenza e i sintomi ci stanno con questa diagnosi, anche perché abbiamo ormai escluso altre patologie”.
          [...] Scopri come procede la storia nel corso

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            La fibromialgia: che cosa si sa e quanto è provato

            Titolo: La fibromialgia: che cosa si sa e quanto è provato(ID ECM 380292)
            Destinatari: tutti gli operatori sanitari
            Scadenza: 05-04-24
            Crediti: 5
            Costo: 30 €
            Programma: CliniFAD
            Valutazione dei partecipanti (141 valutazioni):
            8/10 rilevanza
            9/10 qualità
            8/10 efficacia

            Perché seguire questo corso sulla fibromialgia?

            Sono sempre più i casi di fibromialgia, condizione di cui si sa ancora poco, le cui basi eziopatogenetiche sono ancora da definire. A fronte di questa incertezza, i pazienti si lamentano del dolore provato e le soluzioni proposte non hanno sovente l'efficacia sperata. E' fondamentale perciò conoscere i dati scientifici evidence based presentati in questo corso per prendere decisioni fondate.

            Che cos'è la fibromialgia

            La fibromialgia o sindrome fibromialgica è una patologia cronica caratterizzata da un dolore diffuso, accompagnato da una facile affaticabilità e da altri disturbi cognitivocomportamentali o del sonno. È un’entità nosologica alquanto complessa, che nel tempo ha conosciuto diverse definizioni e che ancora oggi lascia molti interrogativi dietro di sé. Anche per questo motivo il suo riconoscimento e la sua diagnosi avvengono spesso in ritardo rispetto all’esordio dei sintomi. Le stime indicano una prevalenza della malattia del 2-4% nella popolazione adulta, con importanti ricadute di salute, ma anche economico-sociali a causa dell’inabilità nelle attività quotidiane a cui spesso vanno incontro i pazienti.

            Quali sono i fattori patogenetici alla base della fibromialgia?

            I fattori patogenetici alla base della fibromialgia continuano a tenere impegnati i ricercatori in questo campo, dal momento che molte teorie si sono susseguite e accavallate nel tempo, senza però conclusioni definitive. Ciò che a oggi si dà per certo è che i pazienti affetti da fibromialgia sviluppano una aumentata e talvolta abnorme sensibilità al dolore. I motivi alla base di ciò possono essere molteplici: una esagerata attività neuronale a livello del sistema nervoso centrale, una ridotta attività delle vie discendenti inibitorie del dolore, modificazioni neuronali vere e proprie, generatori di dolore periferici, fattori di neuroinfiammazione o di autoimmunità, una predisposizione genetica, stress psicologici o ambientali.

            A chi è dedicato questo corso ECM?

            Questo corso si rivolge a tutti gli operatori sanitari vista la trasversalità della condizione e i consigli che devono essere dati. Ogni operatore troverà spunti utili per la propria professione.

            Come viene diagnosticata?

            L’approccio diagnostico alla stitichezza richiede, in prima istanza, di escludere un’eziologia secondaria dovuta per esempio a un cancro del colon-retto o a malattie infiammatorie croniche dell’intestino per rendere il percorso diagnostico-terapeutico più mirato.
            Si inizia raccogliendo la storia clinica, eseguendo un esame obiettivo che comprenda anche l’esplorazione rettale e richiedendo alcuni esami di laboratorio. Ulteriori accertamenti diagnostici dovrebbero essere eseguiti per escludere una patologia organica solo in caso di segnali d’allarme.

            A chi è dedicato questo corso ECM

            Questo corso si rivolge a tutti gli operatori sanitari vista la trasversalità della condizione e i consigli che devono essere dati. Ogni operatore troverà spunti utili per la propria professione.

            Le risposte per la pratica quotidiana

            Il corso FAD ECM comprende un dossier ricco di riferimenti bibliografici per chi volesse approfondire l'argomento, due casi di pratica clinica con cui cimentarsi e un questionario ECM randomizzato con soglia di superamento al 75% delle risposte corrette, oltre al questionario di gradimento con possibilità di lasciare commenti in aperto sul corso svolto.

            1. Che cos'è la fibromialgia?
            2. Quali sono le ipotesi patogenetiche?
            3. Come inquadrare clinicamente il paziente fibromialgico?
            4. Come si gestisce il paziente con fibromialgia?

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              Prevenzione e trattamento della stitichezza cronica

              Titolo: Prevenzione e trattamento della stitichezza cronica (ID ECM 380292)
              Destinatari: tutti gli operatori sanitari
              Scadenza: 26-03-24
              Crediti: 5
              Costo: 30 €
              Programma: CliniFAD
              Valutazione dei partecipanti (86 valutazioni):
              8/10 rilevanza
              9/10 qualità
              8/10 efficacia

              Perché seguire questo corso sulla stitichezza cronica?

              La stitichezza cronica è un disturbo tanto frequente quanto spesso difficile da trattare. Dare i giusti consigli in termini di prevenzione e di trattamento è importante, specie nelle fasce di età estreme, i bambini e gli anziani. Questo corso fornisce le informazioni evidence based su cui basare le proprie raccomandazioni nella pratica quotidiana.

              Quale è la definizione di stitichezza?

              La stitichezza è una condizione di comune riscontro nella pratica clinica, in particolare nell’assistenza di base. Non c’è una sua definizione universalmente accettata, per cui si definisce sulla base di una serie di segni e sintomi correlati alla difficoltà di defecazione. Tra questi ci sono: movimenti intestinali spontanei poco frequenti (meno di 3 alla settimana), gonfiore addominale, produzione di feci dure o caprine, sforzo durante l’evacuazione, sensazione di evacuazione incompleta e, in alcuni casi, necessità di facilitare l’evacuazione con le dita.

              Quali sono le cause?

              Dal punto di vista eziologico, la stitichezza può essere classificata in primaria e secondaria. La fisiopatologia della stitichezza primaria non è ancora stata completamente chiarita, mentre la forma secondaria insorge in conseguenza o in associazione a una patologia, come per esempio un tumore del tratto gastrointestinale o una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, o all’assunzione di farmaci.

              A chi è dedicato questo corso ECM?

              Questo corso si rivolge a tutti gli operatori sanitari vista la trasversalità della condizione e i consigli che devono essere dati. Ogni operatore troverà spunti utili per la propria professione.

              Come viene diagnosticata?

              L’approccio diagnostico alla stitichezza richiede, in prima istanza, di escludere un’eziologia secondaria dovuta per esempio a un cancro del colon-retto o a malattie infiammatorie croniche dell’intestino per rendere il percorso diagnostico-terapeutico più mirato.
              Si inizia raccogliendo la storia clinica, eseguendo un esame obiettivo che comprenda anche l’esplorazione rettale e richiedendo alcuni esami di laboratorio. Ulteriori accertamenti diagnostici dovrebbero essere eseguiti per escludere una patologia organica solo in caso di segnali d’allarme.

              Le risposte per la pratica quotidiana

              Il corso FAD ECM comprende un dossier ricco di riferimenti bibliografici per chi volesse approfondire l'argomento, due casi di pratica clinica con cui cimentarsi e un questionario ECM randomizzato con soglia di superamento al 75% delle risposte corrette, oltre al questionario di gradimento con possibilità di lasciare commenti in aperto sul corso svolto. In particolare nel corso sono affrontati i seguenti aspetti:

              1. Le cause, i fattori predisponenti e la fisiopatologia
              2. La diagnosi
              3. Il trattamento
              4. La stitichezza nel bambino

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                Alimentazione e lavoro

                Titolo: Alimentazione e lavoro (codice ECM 371544)
                Destinatari:
                tutti gli operatori sanitari
                Scadenza:
                31-12-2023
                Crediti:
                2
                Costo:
                20 €
                Programma:
                MeLa Flash
                Valutazione dei partecipanti (77 valutazioni):
                8/10 rilevanza
                9/10 qualità
                8/10 efficacia

                Perché seguire questo corso FAD ECM su alimentazione e lavoro

                Si dà spesso poca importanza al cibo sul lavoro, in realtà sul luogo di lavoro possono essere svolte diverse attività volte alla prevenzione, in particolare quelle rivolte alla modifica degli stili di vita tra cui un'alimentazione non sana o l'uso di alcol che può comportare gravi conseguenze sul lavoro anche a dosi piccole. Il pasto fuori casa nella pausa pranzo è un momento delicato per le scelte alimentari con un rischio elevato di ricorso a soluzioni nutrizionalmente scorrette. La mensa aziendale rappresenta al contrario un’opportunità per orientare al meglio queste scelte grazie a una proposta equilibrata da un punto di vista nutrizionale e per fare educazione alimentare.
                L’approccio multidisciplinare, coinvolgendo il medico competente, le Risorse umane, i lavoratori, il datore di lavoro e la società che gestisce la mensa aziendale è una soluzione molto efficace.

                Alcol e lavoro, meglio evitare

                L'alcol viene infatti definito fattore di rischio aggiuntivo in quanto va ad aggiungersi agli altri fattori di rischio amplificandone la portata, può causare una riduzione dell’integrità psico-fisica del lavoratore con possibili conseguenze sulla salute e la sicurezza di altre persone. Non è possibile definire quantità sicure, per cui vanno evitati anche bassi livelli di consumo come potrebbe essere un solo bicchiere di vino durante il pasto, che corrisponde comunque a un tasso di alcolemia pari a 0,2 g/l.
                È molto importante diffondere la percezione del rischio collegato al consumo di bevande alcoliche sia nella popolazione sia tra gli operatori sanitari. Un tempo si era soliti fare un distinguo tra uso e abuso.
                Questo tipo di lettura è ritenuta oggi scorretta e fuorviante e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità parla sempre e solo in termini di consumo. Viene così ritenuto un rischio non solo l’alcol dipendenza o il consumo eccessivo di alcol, ma anche il bere come parte dello stile di vita. Vanno perciò evitate espressioni come consumo moderato, consumo responsabile o consumo sociale.

                Il ruolo del medico competente

                Compito essenziale del medico competente è la sorveglianza sanitaria. I programmi di WHP (Workplace Health Promotion) hanno l’obiettivo di accrescere la capacità dei lavoratori di controllare e migliorare il proprio stato di salute. La
                loro realizzazione non costituisce un obbligo di legge per i DL, tuttavia l’art. 25 del D.Lgs. 81/2008 ne riconosce la validità dei fini e pone tra gli obblighi del medico competente quello di collaborare, con il DL e l’RSPP, “alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute secondo i principi della responsabilità sociale”.
                I programmi di WHP si possono articolare su diversi punti:

                • accordi con la società che gestisce la mensa aziendale prevedendo una serie di interventi sull’offerta come l’introduzione di pane e pasta integrali, la riduzione del sale, l’aumento dell’offerta di frutta e verdura
                • prevedere una serie di cartelli in mensa con messaggi di promozione di corrette abitudini
                • intervento sulle macchinette distributrici privilegiando acqua e succhi di frutta non zuccherati al posto di bevande gasate e zuccherate, frutta secca o frutta fresca al posto delle merendine.

                I passi da seguire nell’organizzazione di un progetto di WHP prevedono:

                • la creazione di un gruppo di lavoro
                • la definizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere
                • la stesura di un piano d’azione che deve essere monitorato, implementato e aggiornato tutte le volte che sia necessario.

                Menù a prezzo fisso con un bicchiere di vino

                Anna, operaia specializzata di un cantiere navale, si presenta al periodico controllo dal medico compente. Si conoscono da qualche anno e il dialogo tra i due è piacevolmente colloquiale.
                Anna entra nella stanza salutando: “Buongiorno, dottore, come sta? Ci rivediamo come ogni anno e se siamo ancora qui tutti e due significa che... va bene!”
                Il medico solleva la testa e sorride. Ricorda bene l’operaia, una persona solare e sempre di buon umore: “Anna, come sempre in forma e piena di spirito. Ti trovo bene, mi sembri anche dimagrita o sbaglio?”. La donna, compiaciuta dell’osservazione del medico, risponde: “Dottore, ho perso due chili! Mi fa molto piacere che se ne sia accorto, meno male. Allora si vede! Mio marito non ha notato nulla, ma quello ormai non mi guarda nemmeno, lasciamo perdere”.
                Il medico la guarda con espressione complice e divertita, poi controlla la cartella dell’operaria: 56 anni, valori nella norma, nessuna patologia cronica, nessun problema particolare se non qualche chilo di troppo legato alla menopausa. Tra sé e sé pensa che se fossero tutti così i suoi pazienti il suo lavoro sarebbe molto più semplice: “Anna, ci sono novità, hai qualcosa da segnalarmi?”.
                “Nulla, dottore, grazie a Dio nessun problema. Ho troppe cose da fare e preoccupazioni tra marito, figli, lavoro e la casa. Cucina, lava, stira. Noi donne abbiamo due lavori, dottore. Per non parlare di mia suocera, non fa niente perché, dice lei, è anziana. Secondo me sta benissimo. In compenso critica tutto quello che faccio io. Insomma, non ho tempo per star male. Lo sa, dottore, quando sto davvero bene? Al lavoro. Quello che faccio mi piace e poi ho tanti amici tra i colleghi. Se finiamo velocemente, li raggiungo in trattoria. Ha presente la nuova trattoria vicino al cantiere, quella che hanno appena aperto? L’ha già provata, dottore?”
                Il medico si toglie gli occhiali e si rilassa “No, in realtà”. Anna piena di entusiasmo continua “Deve provarla. Si mangia benissimo. Piatti genuini e cucinati bene. E poi il prezzo è ottimo: 10 euro a prezzo fisso. Primo, secondo, contorno, caffè e pure un bel bicchiere di vino”. Il medico rimette gli occhiali. Le ultime parole della donna suonano come un piccolo campanello di allarme...

                [...] Scopri come procede la storia nel corso

                Un nuovo modo di formarsi in medicina del lavoro

                Dopo il successo del programma di formazione a distanza MeLA per i medici del lavoro, si è deciso di rendere la formazione più rapida e immediata con il programma MeLa Flash.

                corsi FAD sono circa una decina all'anno, più sintetici (due crediti ECM a corso), in modo da consentire una formazione flessibile che non imponga di affrontare corsi troppo impegnativi in termini di tempo o dai contenuti difformi tra loro.

                Lasciaci la tua mail e resta aggiornata/o


                  Le emergenze nell’assistenza territoriale

                  sincopi

                  Titolo: Le emergenze nell'assistenza territoriale (codice ECM 371086)
                  Destinatari:
                  tutti gli operatori sanitari
                  Scadenza:
                  31-12-2023
                  Crediti:
                  2
                  Costo:
                  20 €
                  Programma:
                  SmartFAD
                  Valutazione dei partecipanti (351 valutazioni):
                  8/10 rilevanza
                  9/10 qualità
                  8/10 efficacia

                  Perché seguire questo corso FAD ECM sulle emergenze

                  I medici che operano sul territorio si trovano ad affrontare emergenze, più spesso cardiovascolari, respiratorie e metaboliche, ma in teoria le possibilità sono moltissime. Sia che l’emergenza possa essere gestita ambulatorialmente, sia che necessiti dell’invio in ospedale con mezzi di soccorso, è cruciale la tempestività e l’appropriatezza degli interventi diagnostici e terapeutici erogati nei primi minuti. La conoscenza delle condizioni più frequenti aiuta a gestire queste situazioni che in quanto inattese mettono sempre alla prova.

                  Medici, preparedness non sempre adeguata

                  I medici hanno l’obbligo legale, morale ed etico di prestare le cure d’emergenza di base ai pazienti, oltre a gestire le complicazioni e le reazioni eventualmente conseguenti agli interventi effettuati. Anche se le emergenze sono rare, è necessaria un’adeguata preparazione (preparedness) in termini di conoscenze e competenze professionali del medico e del personale sanitario che eventualmente partecipa nell’erogazione dell’intervento assistenziale, di protocolli e procedure, attrezzature e farmaci.
                  In Italia, la Legge 8 marzo 2017 n. 24 (Legge Gelli-Bianco) entrata in vigore il 1° aprile 2017 sancisce, fra l’altro, il riconoscimento del diritto alla sicurezza delle cure quale posizione soggettiva estrapolata direttamente dal diritto alla salute, previsto dall’articolo 32 della Costituzione.

                  Alcuni studi riportano peraltro che spesso la preparedness non è adeguata e ribadiscono che la rarità degli eventi, i costi (economici, impegno di tempo, personale) o la prossimità dello studio o dell’ambulatorio con centri ospedalieri in grado di gestire le emergenze non rappresentano una giustificazione per trascurarla. Il medico che svolge attività sul territorio deve effettuare una valutazione del rischio generico e specifico per la singola emergenza sulla base di diversi fattori relativi a:

                  • caratteristiche della popolazione assistita (età, situazione socio-sanitaria e di svantaggio, disabilità, tendenza a comportamenti di abuso o violenza, prevalenza di malattia)
                  • contesto, tempi necessari per l’intervento di mezzi di soccorso o per raggiungere un ospedale, presenza di altri operatori sanitari e loro competenze
                  • tipi di interventi effettuati (somministrazione di farmaci, vaccinazioni, chirurgia ambulatoriale).

                  Come ci si prepara alle emergenze

                  Per prepararsi alle nuove emergenze, occorre riconsiderare gli eventi passati e le caratteristiche e i livelli di rischio della propria attività. Le stime disponibili sulla frequenza delle emergenze in un contesto di assistenza ambulatoriale sono limitate e piuttosto variabili. I dati disponibili variano da 1 a 8 casi ogni anno, con una maggiore prevalenza se i medici svolgono la loro attività in contesti rurali rispetto a quelli urbani. Dal punto di vista soggettivo, la maggioranza dei medici riferisce di avere affrontato in ambulatorio almeno un’emergenza ogni anno. Sono riportate stime più elevate per le emergenze pediatriche, fino a una la settimana.
                  Le più comuni emergenze riguardano attacchi acuti di asma, infarto del miocardio, arresto cardiaco, shock anafilattico, episodi di ipoglicemia grave, convulsioni, sincopi, traumi soprattutto al capo, avvelenamento e sovradosaggio di farmaci. A queste si aggiungono le emergenze pediatriche e le emergenze ostetriche, di gestione particolarmente impegnativa per la forte componente emotiva che evoca nel paziente e nei familiari che accompagnano il paziente.

                  Zuccheri o sali

                  Angelo ha chiesto a Francesco, medico di famiglia, ex medico dell’esercito con servizio in Afghanistan, una visita domiciliare per sua madre Roberta, pensionata di 74 anni. Roberta pesa 90 kg per 163 cm di altezza, ha un BMI di quasi 34 kg/m2, ai limiti tra primo e secondo grado di obesità. Vive con marito, figlio e nuora in una villetta bifamiliare e conduce una vita sedentaria, con alimentazione poco o per nulla controllata. Soffre di ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale, diabete mellito di tipo 2 non compensato, dislipidemia e ipotiroidismo. Pertanto è in politerapia con warfarin, olmesartan, idroclorotiazide/amiloride più furosemide al bisogno, metformina, insulina rapida e lenta, atorvastatina e levo-tiroxina.
                  All’arrivo del medico, Angelo si sfoga con tono quasi rabbioso: “Dottore, grazie per essere venuto. Non c’è verso di portare mia madre a una visita da lei, anche se si lamenta che sta sempre male. Sono stanco di occuparmi delle sue medicine, è sempre imprecisa e disattenta e quando io non ci sono chissà cosa combina con l’insulina perché lo so che ormai è stufa di pungersi con quelle siringhe. L’ultima novità è il bruciore quando deve urinare. E per quel che ne capisco io, gli esami non sono buoni”. Il medico guarda gli esiti degli esami e si rivolge alla donna con tono preoccupato e severo: “455 di glicemia! 9,8% di emoglobina glicata! 3,1 di potassio! Signora, non ci siamo sono tutti valori molto alterati, segno di scompenso glicemico. Signora Roberta, cosa è successo?”

                  [...] Scopri come procede la storia nel corso

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                    La cachessia neoplastica

                    Titolo: La cachessia neoplastica (ID ECM 37580)
                    Destinatari: tutti gli operatori sanitari
                    Scadenza: 31-12-2023
                    Crediti: 5
                    Costo: 30 €
                    Programma: CliniFAD
                    Valutazione dei partecipanti (77 valutazioni):
                    9/10 rilevanza
                    9/10 qualità
                    9/10 efficacia

                    Perché seguire questo corso ECM?

                    Nell'ambito del Sistema Nazionale Linee Guida, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha pubblicato le nuove linee guida sul trattamento e la prevenzione della cachessia neoplastica. Questo corso, partendo da questa solida base, offre indicazioni su come comportarti e agire quando il malato diventa cachettico e si avvicina a concludersi l'arco della sua vita.

                    Che cos'è la cachessia neoplastica?

                    “Cachessia” deriva dal greco “kakos”, “cattivo” ed “exis”, traducibile con “condizione” e quindi è un termine che esprime genericamente una cattiva condizione fisica.

                    In passato con cachessia si faceva riferimento alla perdita involontaria di peso, secondo la letteratura più recente viene definita come una sindrome metabolica complessa con perdita progressiva e involontaria di peso (specialmente massa muscolare), che non può essere corretta solo con l’alimentazione e che porta a un progressivo danno funzionale. È più diffusa e grave negli anziani, negli uomini e in alcuni tipi di tumore (tumori cervico-facciali, polmonari e gastrointestinali, specie del pancreas). Nel paziente cachettico si osserva un bilancio proteico ed energetico negativo, dovuto a uno stato di infiammazione cronica e di iperattivazione immunitaria causate dal tumore.

                    Come si riconosce?

                    La perdita di peso involontaria è il primo criterio diagnostico della cachessia neoplastica.

                    Sono stati indicati tre semplici criteri clinici, da valutare all’inizio e da rivalutare periodicamente. È sufficiente che un solo criterio venga soddisfatto per porre diagnosi, pur nella consapevolezza degli altri sintomi e segni concomitanti:

                    • una perdita involontaria di peso >5% del peso prima della malattia nei 6 mesi precedenti
                      oppure
                    • un indice di massa corporea (BMI) <20 e ogni perdita di peso >2%
                      oppure
                    • una sarcopenia e ogni perdita di peso >2%.

                    La sarcopenia può essere diagnosticata quando la misurazione della massa muscolare (valutata attraverso la DEXA, vedi) è inferiore di due deviazioni standard rispetto alla media nella popolazione adulta e la velocità del cammino risulta inferiore a 0,8 metri al secondo (test del cammino) oppure la forza di presa della mano (valutata con il dinamometro) è inferiore a 20 kg nella donna e 30 kg nell’uomo. Se entrambi i test sono positivi si parla di sarcopenia grave

                    Quando va trattata?

                    Per il trattamento della cachessia neoplastica sono stati studiati o sono in fase di studio numerosi farmaci, ma a oggi solo i corticosteroidi e i progestinici hanno dimostrato, in studi controllati e randomizzati,
                    effetti positivi su appetito e peso corporeo. Inoltre non va dimenticato che il loro uso può essere gravato da importanti effetti collaterali.

                    Prima di trattare farmacologicamente occorre valutare l’aspettativa di vita, insieme alla volontà del paziente correttamente informato.

                    Come va trattata?

                    ICi si può quindi orientare verso un intervento attivo “potenzialmente curativo” o esclusivamente sintomatico e palliativo. Nella scelta del trattamento è però fondamentale la comprensione e il rispetto della volontà del paziente oltre all’ascolto empatico dei familiari per evitare sovra e sotto trattamenti. Il supporto nutrizionale può andare dalla semplice consulenza dietetica alla integrazione con prodotti specifici per via orale per arrivare alla nutrizione artificiale enterale o parenterale.

                    E' particolarmente importante personalizzare gli interventi, che potranno essere multimodali, diversi e combinati a seconda della situazione clinica. L’attività fisica è da proporre il prima possibile e va proseguita anche nelle fasi avanzate, sempre se gradita al paziente. È importante che i sanitari conoscano anche le possibilità e soprattutto i rischi e le interazioni delle medicine complementari e tradizionali di varie culture, perché è possibile che i pazienti decidano di provarle. Varie sostanze utilizzate nella medicina tradizionale cinese, giapponese e coreana sono in sperimentazione in studi clinici.

                    L’agopuntura sembra efficace nel migliorare la qualità di vita, il dolore e la fatigue. Infine il supporto psicosociale è importante per i pazienti e le famiglie, anche se ci sono pochi studi su quali siano le tecniche più efficaci.

                    A chi è dedicato questo corso ECM?

                    Questo corso si rivolge a tutti gli operatori sanitari e in particolare a quelli che si rapportano con pazienti oncologici, con anziani o che vivono una situazione di cachessia nell'ambito della propria cerchia familiare o amicale.

                    Le risposte per la pratica quotidiana

                    In questo corso FAD acquisirai informazioni evidence based che ti saranno utili per la pratica quotidiana, in particolare troverai informazioni su:

                    • Definizione, epidemiologia e cenni di fisiopatologia
                    • Diagnosi clinica, laboratoristica e strumentale
                    • Stadi e valutazione multidimensionale
                    • Quando e come trattare la cachessia
                    • Alimentazione e terapie farmacologiche
                    • Approcci non farmacologici

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