La triturazione delle compresse è una pratica molto in uso anche se non è una tecnica raccomandata perché espone a rischi sia i pazienti sia gli operatori sanitari.
Quando ricorrere alla triturazione?
Si è costretti a ricorrere alla triturazione delle compresse quando i pazienti non riescono a deglutire a causa di patologie come demenza, esiti di un ictus, malattia di Parkinson, xerostomia, disfagia e altre alterazioni neurologiche.
Analogamente, i bambini possono avere difficoltà ad assumere la terapia perché non riescono a deglutire le compresse, specie se di grandi dimensioni.
Infine, non è possibile somministrare le compresse intere ai soggetti con sondino naso-gastrico o in quelli che hanno una gastrostomia endoscopica percutanea (PEG).
La triturazione nel mondo
Questa pratica sembra essere piuttosto comune nelle RSA in tutto il mondo, infatti è stata rilevata nell’80% delle Nursing home britanniche (che corrispondono alle nostre RSA) e in circa i due terzi degli ospiti.
In un altro studio australiano sono stati presi in esame 586 ospiti in 10 RSA: su 1.207 somministrazioni di farmaci, il 34% avveniva in forma alterata.
Uno studio condotto nelle RSA norvegesi ha documentato che i farmaci vengono triturati per il 23% dei residenti.
Anche in Italia, benché non vi siano studi su ampia scala, due lavori hanno documentato in modo diverso quanto sia comune la somministrazione alterata dei farmaci.
Queste informazioni sono tratte dal corso “La Triturazione dei farmaci”, Zadig editore, 2016
Lasciaci la tua mail e resta aggiornata/o